Acquista le Rivelazioni di Santa Brigida di Svezia su Lulu (248 Pagine)
Colei che noi italiani chiamiamo santa Brigida, si chiama in svedese Birgitta,
in tedesco Brigitta, in inglese Bridget, in francese Brigitte. Il nome potrebbe
derivare da Birger, il nome del padre della santa: la dizione completa era
infatti Birgersdotter («figlia di Birger»), da cui poi derivò Birgitta. A quanto
risulta, la piccola ebbe come patrona santa Brigida di Kildare, compatrona
d'Irlanda insieme a san Patrizio.
Etimologicamente Brigida deriva dal celtico brig, che significa «forte,
potente»; o anche dal gotico birg, che vuol dire «radioso, luminoso»: entrambe
le denominazioni, forte e radiosa, si addicono assai bene alla grande santa
nordica.
Per distinguerla da Brigida di Kildare, la santa svedese è chiamata Brigida di
Finsta, dal luogo in cui nacque, o Brigida di Vadstena, dalla località in cui
fondò il suo ordine. L'espressione più comune è Brigida di Svezia, ed è a questa
che ci atterremo.
Santa Brigida nacque in una famiglia ricca, nobile e politicamente influente,
imparentata con i reali di Svezia. I genitori della santa si chiamavano Birger
Persson («figlio di Pietro») e Ingeborg Bengtsdotter («figlia di Bengt»,
diminutivo di Benedikt).
Birger Persson discendeva per linea paterna dal re cristiano Sverker I della
dinastia dei Folkungar, che nel 1134 aveva fondato in Svezia la prima abbazia
cistercense cui aveva dato il nome di Alvastra, in onore della defunta
consorte Ulvilde, e dove poi fu sepolto.
Dal punto di vista religioso la Svezia era legata a Roma: il battesimo di re
Olof, avvenuto nel 1078, è considerato l'inizio ufficiale della
cristianizzazione del Paese, che in precedenza era proceduta a fatica, con
ricadute nel paganesimo. Fu a Birger Persson, personalità assai stimata, che i
connazionali si rivolsero per avere una legislazione cristiana che sostituisse
quella pagana di Viger Spa, primo legislatore del Paese, e trasfondesse nelle
leggi lo spirito evangelico.
La prima legislazione cristiana della Svezia, promulgata ufficialmente nel 1295
da re Birger II, è quindi legata al nome del padre di Brigida, che in quella
importantissima compilazione si fece aiutare dal prevosto del duomo di Uppsala,
maestro Andreas And. Il nuovo spirito della legge svedese è chiaramente espresso
da queste parole: «La legge deve essere di onore agli uomini giusti e prudenti,
ma di correzione ai malvagi e ignoranti. Se tutti fossero giusti, non ci
sarebbe bisogno di legge». E ancora: «Ci lasci Iddio vivere sulla terra in
maniera che possiamo meritarci il Cielo». La nuova legge aboliva anche la
schiavitù, «perché Cristo è stato venduto e liberò tutti i cristiani».
Birger Persson era lagman, cioè governatore e giudice dell'Uppland, la più
importante provincia del regno. A quell'epoca in Svezia c'erano nove
governatori, ai quali competevano sia la giustizia sia l'amministrazione delle
rispettive regioni. Prima che in Svezia la corona reale divenisse ereditaria,
anche l'elezione del sovrano rientrava nei loro compiti.
Birger Persson era un signore molto benestante e altrettanto generoso, che nel
corso della sua vita donò terreni per diverse chiese e conventi. Si era sposato
due volte: la prima con Kristina Johannsdotter, morta nel 1295, anch'essa di
famiglia nobile e ricca. La seconda moglie fu Ingeborg Bengtsdotter, madre di
Brigida, imparentata con i reali di Danimarca e col re di Svezia, Birger
Magnusson, fratello di suo padre Bengt.
Ingeborg Bengtsdotter era, stando alle cronache del suo tempo, una signora buona
e gentile, che pur vivendo secondo il costume delle signore del suo rango, era
profondamente e autenticamente religiosa. Oltre a Brigida ebbe altri sei figli
(tre maschi e tre femmine), tre dei quali morirono bambini.
Brigida nacque il 3 giugno 1303 nel castello di Finsta, che si trova in una
regione ricca di laghi e fiumi, con colline coperte di abeti. La residenza
familiare della futura santa era a quel tempo un centro di alta cultura e
religiosità, che esercitò un'influenza determinante nella sua formazione.
Jens Johannes Jorgensen, autore di un'importante biografia di santa Brigida,
così descrive il luogo, che aveva personalmente visitato:
La regione è ricca di piccoli laghi e canali, e coperta di fitte foreste di
conifere, ma non inadatta alla coltivazione... Se ci si vuol rappresentare la
casa di Birger Persson occorre lasciar da parte tutte le immagini evocate da
castelli francesi e manieri tedeschi. Le grandi fattorie medioevali dell'Uppland
consistevano in una serie di costruzioni in legno nell'interno di un terrapieno,
attornianti una casa o torre di pietra... Ai nostri giorni non esistono nemmeno
più le rovine di quella che è stata la casa in cui santa Brigida trascorse la
sua infanzia. Per contro, la pompa di ferro che un giorno di luglio di vent'anni
or sono (quindi nel 1927) venne mostrata a un mio amico svedese e a me, come la
«fonte di santa Brigida» potrebbe forse essere al suo posto. Comunque, gli
enormi macigni sotto i pioppi mormoranti nel giardino sono certamente suoi
contemporanei. E il bosco è, come allora, composto di pioppi e aceri, di
betulle dal candido tronco e di scuri abeti. Un colombo selvatico tuba un
momento, e poi tace: così udì santa Brigida tubare il colombo selvatico.
La piccola Brigida fu battezzata nella chiesa del paese, davanti alla quale si
può vedere una lapide che ricorda questa grande figlia della Svezia. La sua
nascita fu preceduta da fatti eccezionali, il più notevole dei quali fu questo:
durante il periodo della gravidanza, la nave sulla quale Ingeborg viaggiava, di
ritorno da un pellegrinaggio alla tomba di santa Brigida di Kildare, fece
naufragio; molti dei passeggeri persero la vita e la mamma di Brigida fu salvata
a fatica da Erik, fratello del re. La notte successiva ella ebbe
un'apparizione: le si presentò una misteriosa figura vestita di un abito
luminoso che le disse: «Sappi che sei stata salvata da questo naufragio grazie
ai meriti straordinari della creatura che porti in grembo. Educala con
attenzione, perché è un dono prezioso della generosità divina!».
Divenuta adulta, Brigida fece erigere sul luogo dove sua madre aveva toccato
terra una croce di pietra: qui ancora oggi i marinai si recano a pregare prima
di imbarcarsi.
Un altro segno fu dato al sacerdote Bengt, canonico di Rasbo, località vicina a
Finsta: ne abbiamo già accennato nella premessa. Nella notte in cui Brigida
nacque, mentre era immerso in preghiera chiedendo a Dio un parto felice per la
sua signora, udì una voce che diceva: «Questa notte a Birger nasce una figlia
la cui voce potente sarà udita in tutto il mondo».
Gli antichi documenti, in particolare la cronaca di Margareta Clausdotters,
descrivono Brigida come una bambina di delicata bellezza, bionda con gli occhi
azzurri, molto intelligente, vivace e portata alla religione.
Quando aveva appena sette anni Brigida visse la prima delle innumerevoli
esperienze mistiche della sua vita: una mattina, svegliandosi dal sonno, vide ai
piedi del letto una bellissima signora circonfusa di luce, che le offriva una
corona chiedendole se la volesse.
La bambina rispose di sì, e la corona le fu posta sul capo. Brigida ebbe a dire
in seguito che quando la signora fu scomparsa continuò a sentire ancora sulla
fronte il peso della corona.
La straordinaria esperienza vissuta la rese ancora più incline alla devozione.
Nel giardino di Finsta esiste tuttora una grotta naturale formata da massi
erratici, nella quale si dice che la bambina si ritirasse ogni giorno a
pregare.
Brigida raccontò la sua visione alla mamma, che da quel momento si preoccupò
ancora di più dell'educazione spirituale della figlia, facendole fra l'altro
anche assistere alle prediche che venivano regolarmente tenute nella cappella
del castello di Finsta. Dopo aver udito, a Pasqua del 1314, una predica sulla
passione di Cristo che la colpì e commosse profondamente, la piccola Brigida
vide in sogno Gesù e assistette alla sua crocifissione come se quella terribile
vicenda si stesse svolgendo in quel momento davanti ai suoi occhi. Chiese a
Gesù chi gli stesse facendo tanto male e lui le rispose: «Coloro che disprezzano
me e il mio amore!». Da quel giorno Brigida non poté pensare alla passione di
Gesù senza piangere.
Pochi mesi dopo, nel settembre 1314, morì prematuramente Ingeborg, la mamma di
Brigida, e Birger Persson si trovò costretto a occuparsi da solo della vita e
dell'educazione dei figli. Affidò quindi Brigida alla cognata Katharina
Bengtsdotter, sorella di Ingeborg, che era madrina di battesimo della bambina.
Katharina era moglie di Knut Jonsson, governatore dell'Östergötland, e seguì ed
educò la bambina con amore materno.
Brigida lasciò dunque Finsta, dove aveva trascorso i primi, felici anni della
sua vita con i genitori e i fratelli, e si trasferì nel castello di Aspanàs,
sulle rive del lago Sommen. La zia era affettuosa e si occupò con grande cura di
lei, pur non avendo molta sensibilità per le sue già ricche esperienze interiori
e spirituali. Gli anni trascorsi presso gli zii furono assai formativi per
Brigida, che si abituò a una certa autonomia interiore e sviluppò nella vita di
tutti i giorni la capacità di gestirsi in larga misura da sola.
Brigida rimase ad Aspanàs dal 1314 al 1316, anno in cui suo padre decise di
darla in sposa a Ulf Gudmarsson, figlio di Gudmar, governatore del
Vàstergótland. Magnus, fratello di Ulf, sposò Katharina, sorella di Brigida.
Il doppio matrimonio fu celebrato nel settembre 1316. Era un matrimonio
combinato, che Brigida accettò per assecondare la volontà paterna, come era
costume a quel tempo: suo desiderio però sarebbe stato consacrarsi a Dio e
ritirarsi a vivere in convento.
Contrariamente alle aspettative, il matrimonio, che durò ventott'anni e fu
allietato dalla nascita di otto figli, risultò nel complesso felice.
Ulf Gudmarsson aveva appena diciotto anni quando sposò la quattordicenne
Brigida. In base alla cronaca di Margareta Clausdotter, Ulf era un giovanotto
di buon carattere, amante della bella vita e dei cavalli. Pare che non fosse
molto colto (simplex, cioè «privo di cultura», è definito negli antichi testi) e
che fosse la sua giovane moglie a insegnargli a leggere e scrivere e a indurlo
in seguito a studiare legge in maniera approfondita. Insieme, i due sposi
compirono anche un importante percorso spirituale, così che alla fine della sua
vita Ulf, d'accordo con la moglie, decise di ritirarsi a vivere in convento
come terziario francescano.
Subito dopo il matrimonio Ulf e Brigida si stabilirono a Ulvasa, vicino alla
città di Motala. Ancor oggi si conservano le vestigia del grande edificio in
cui la coppia visse con i figli. Ulf era spesso assente per svolgere le sue
funzioni amministrative o per assolvere incarichi a corte, ma Ulvasa rimase
sempre la residenza familiare.
La vita di Brigida sposa e madre era molto attiva, non soltanto per la cura dei
figli, ma anche per le attività caritative a favore dei poveri. Brigida migliorò
gli ospedali della sua regione, ne fondò di nuovi e ne visitava regolarmente gli
ammalati.
L'epoca storica in cui Brigida visse come sposa e madre non fu certo
tranquilla. Lotte dinastiche, insurrezioni popolari, guerre dei contadini: re
Birger, che aveva fatto morire di fame in una torre i due fratelli Erik e
Waldemar che gli contendevano il potere, fu detronizzato nel 1319 da nobili e
governatori, tra i quali c'erano anche il padre e il marito di Brigida; questi
elessero re il piccolo Magnus, figlio del defunto Erik, che aveva appena tre
anni. Birger fuggì in Danimarca, dove morì. In Svezia tornò finalmente la pace.
L'anno successivo Birger Persson divise tra i figli l'eredità della moglie e
Brigida ottenne sette proprietà nello Smàland, a quel tempo la provincia più
meridionale della Svezia.
Nel 1321 Birger si recò in pellegrinaggio a Santiago de Compostela e sostò
presso la corte papale avignonese, rendendosi conto di persona della
situazione. L'anno successivo, di nuovo in Svezia, partecipò alla seduta del
Consiglio reale in cui Ulf e altri nobili furono proclamati cavalieri. Birger
morì nel 1326, a poco più di sessant'anni, a Finsta, la sua residenza. Le
cronache del tempo narrano che i suoi funerali furono celebrati in maniera
sontuosa, con la partecipazione della famiglia reale e dei maggiori
rappresentanti della nobiltà secolare ed ecclesiastica. In quell'occasione la
ventiquattrenne Brigida conobbe i personaggi più in vista del gran mondo
svedese.
Prima di morire Birger Persson aveva scelto come luogo di sepoltura la nuova
cattedrale gotica di Uppsala: nella cappella di San Nicola, accanto all'altare
maggiore, si trova infatti una bellissima lapide in marmo nero che mostra
Birger con la moglie Ingeborg Bengtsdotter nella tipica raffigurazione gotica
con le mani congiunte, attorniati dai sette figli, tre maschi e quattro femmine.
Alla morte di Ingeborg ne sopravvivevano soltanto tre: Brigida, Caterina e
Israel. La lapide si trova in posizione privilegiata, vicinissima all'urna
dorata del santo patrono di Svezia, re Erik, morto nel 1160.
Nel 1330 Ulf fu proclamato governatore di Nericia (Nàrke), la provincia a nord
di Ulvasa, il che comportava il possesso di grandi residenze, tenute agricole e
miniere di ferro. Nel 1333, forse in occasione dei festeggiamenti per la
maggiore età di re Magnus, fu nominato anche consigliere del regno. Divenne così
uno degli uomini più influenti del suo tempo. I suoi incarichi lo portavano a
viaggiare molto e Brigida lo accompagnava soltanto di rado. Alla variopinta ed
elegante vita di corte preferiva l'atmosfera tranquilla di casa. L'assenza di
Ulf le consentiva di dedicarsi con maggiore intensità alle pratiche spirituali
verso le quali si sentiva tanto portata. Quando Ulf era assente, Brigida non
dormiva nel grande e lussuoso letto matrimoniale, ma per terra, su un giaciglio
di paglia'. Certamente la futura santa rimase sempre semplice e modesta,
attenta ai doveri familiari, all'andamento della casa e alle opere di bene.
Come abbiamo visto, dal matrimonio di Ulf e Brigida nacquero otto figli: Marta
(nata nel 1320), Karl (1321), Birger (1323), Bengt (1326), Gudmar (1327),
Caterina (1330), Ingeborg (1332) e Cecilia (1334).
Avremo in seguito spesso occasione di parlare di loro, perché essi, in
particolare Caterina che fu canonizzata nel 1489, furono sempre presenti nella
vita della madre.
Le cronache narrano che l'ultimo parto di Brigida fu difficilissimo; ma quando
ormai si disperava di salvare madre e figlia, apparve una sconosciuta signora
vestita di bianco che toccò la partoriente e subito scomparve. Il parto riprese
senza dolori e l'ultima figlia di Brigida nacque perfettamente sana.
Brigida educò i figli alla devozione e all'amore cristiano verso il prossimo, e
per dimostrare loro concretamente quale dovesse essere l'atteggiamento verso i
bisognosi, li portava con sé nelle sue visite ai poveri e agli ammalati.
Testimoniando al processo di canonizzazione, sua figlia Caterina dichiarò:
Ricordo come mamma mi prendesse con sé insieme alle sorelle, quando si recava a
visitare gli ospedali che aveva fatto costruire, e con le proprie mani, senza
ribrezzo, fasciava le loro piaghe ferite.
E allorché qualcuno la rimproverava di portare con sé le bambine che potevano contrarre qualche contagio,
rispondeva che le portava con sé mentre erano ancora piccole, perché
imparassero per tempo a servire il Signore nei suoi poveri e nei suoi malati.
E aggiunse che, «mentre il babbo era in vita, e poi quando la mamma rimase
vedova, non si sedeva mai a tavola senza aver dato da mangiare a dodici poveri».
La carità di Brigida andava ancora oltre: Caterina testimonia infatti che la
madre «provvedeva di dote le ragazze bisognose che desideravano maritarsi,
mentre ne aiutava altre ad entrare in convento. Visitava altresì le case di
perdizione; e se qualcuna delle ragazze esprimeva il desiderio di uscire, la
mamma insegnava loro a fare penitenza».
In casa Brigida non era mai inoperosa e amava istruire i suoi dipendenti e
servitori: «Talora se ne stava con le sue donne di servizio - racconta ancora
Caterina - e cuciva paramenti per la messa e simili oggetti per il culto
divino. Talvolta lavorava a vantaggio del prossimo. Talvolta leggeva le vite dei
santi e la Bibbia».
Brigida ebbe molto a cuore l'istruzione dei suoi figli e li fece seguire da
valenti precettori; tra questi va ricordato Nils Hermansson, che aveva studiato
in Francia ed era dottore in legge. Assistendo alle sue lezioni ai figli, anche
Brigida apprese i primi rudimenti del latino, che le fu in seguito assai utile.
Dopo essere stato precettore dei figli di Ulf e Brigida, Nils fece una
brillante carriera ecclesiastica: fu infatti canonico a Uppsala e in seguito
vescovo. Fu lui ad accogliere nel 1374 le spoglie di Brigida che venivano
riportate in patria da Roma e a consacrare nel 1384 il monastero di Vadstena.
Operò molto per portare avanti celermente la canonizzazione di Brigida e morì
solo tre settimane prima che Brigida, diciotto anni appena dopo la morte,
venisse proclamata santa il 7 ottobre 1391. Nils Hermansson è venerato in
Svezia come un santo.
Oltre a lui, Brigida ebbe a lungo vicino come confessore e guida spirituale il
maestro Matthias, famoso biblista che si era laureato in teologia
all'università di Parigi, autore molto noto nella primitiva letteratura
cristiana svedese per il suo commento in latino della Sacra Scrittura. A lui
Brigida chiese di tradurre in svedese la Bibbia, per poterla meglio
comprendere, e il maestro Matthias ne tradusse gran parte, iniziando dal
Pentateuco. Mediante lui Brigida venne a conoscenza delle correnti culturali
dell'Europa del tempo. Al maestro Matthias va quindi il merito di aver aperto a
Brigida più vasti orizzonti culturali al di là dei confini della Svezia.
Brigida di Svezia era cugina per parte materna di Magnus II Erikson, che nel
1319, a soli tre anni di età, era stato scelto come re dopo la detronizzazione
dello zio Birger. Dal 1332, quando aveva raggiunto la maggiore età, regnava a
tutti gli effetti come re di Svezia e di Norvegia: era infatti figlio della
principessa norvegese Ingeborg e nipote del re ereditario di Norvegia.
Nel 1335 Magnus II sposò Bianca di Namour, che veniva dalle Fiandre e
apparteneva alla stirpe francese dei Dampierre. Essendo la nuova regina molto
giovane, risultò opportuno affidarla a una dama di corte esperta e
intelligente, e la scelta del re cadde sulla cugina Brigida, che fu
autorevolmente invitata a stabilirsi a corte.
Brigida non se ne rallegrò: i due sovrani erano giovanissimi, inesperti e
superficiali, e il re godeva fama di avere un carattere assai debole. Non era
però possibile rifiutare l'invito, e così la futura santa si preparò al
distacco dalla sua casa e dai suoi figli, la maggiore dei quali, la sedicenne
Marta, era già sposata, mentre la minore, Cecilia, aveva appena un anno. 1
quattro bambini più piccoli furono affidati a conventi domenicani, i due
maschietti Karl e Birger restarono a casa con il padre e con il precettore Nils
Hermansson, mentre Gudmar, che aveva otto anni e aveva particolarmente bisogno
dell'assistenza materna, seguì Brigida a Stoccolma: sarebbe vissuto a corte e
avrebbe frequentato la scuola dei nobili.
Al giovane re Brigida portò in dono una copia della traduzione svedese della
Bibbia di maestro Matthias e un tesoro di dieci consigli ricevuti per
ispirazione. Eccoli:
1. Il re non deve sedere a tavola solo, ma con alcuni sudditi, che in questo
modo si confortano fisicamente e spiritualmente della sua presenza e si
distolgono da peccati e atteggiamenti disonorevoli.
2. Dopo aver pranzato il re deve trattenersi ancora un poco a tavola, perché la
relazione familiare con i sudditi procura al re favore e amore. In questa
occasione ascolterà pareri e argomenti che potrà seguire o rifiutare.
3. In tutte le sue azioni sia giusto e misericordioso e non eserciti la
giustizia per amicizia, per falsa compassione, per proprio utile e vantaggio
privato o per paura. Non deve dimenticare la misericordia a causa dell'ira o
dell'impazienza. Non è infatti da re farsi sopraffare dall'ira e neppure
giudicare in fretta o abbandonare la via della giustizia per le richieste di
qualcuno.
4. Il re non deve affidare gli uffici amministrativi e il ruolo di giudice a
persone che sa essere parziali e avide, oppure che guadagnano il denaro in
maniera ingannevole, perché queste abbandonano facilmente la giustizia. Il re
deve piuttosto ricercare persone naturalmente buone che seguono l'esempio dei
loro predecessori e preferiscono operare nella giustizia che arricchirsi.
5. Il re deve controllare coscienziosamente come viene amministrata la giustizia
nel suo regno e non deve trascurare di punire chi merita di essere punito. Non
deve opprimere gli innocenti, ma essere gentile con gli umili e punire i
colpevoli; nei confronti di tutti però deve usare giustizia e misericordia. E
dove constata
maggiore umiltà, deve prediligere la compassione piuttosto che la giustizia.
6. Il re deve interrogarsi coscienziosamente sui propri giudizi e sulle proprie
opere. E se si rende conto di aver sbagliato per troppa fretta e repentino
impulso, non deve vergognarsi di correggere ciò che ha fatto.
7. Nelle trattative il re non deve essere troppo precipitoso, ma prudente e
accorto, pensando bene alla conclusione di ciò di cui si sta occupando. Deve
anche appoggiarsi al consiglio di persone sagge, esperte e timorate di Dio, che
dovranno sapere che il re segue i loro consigli.
8. Il re deve evitare parole e gesti superficiali in ogni circostanza, anche
davanti ad amici e familiari. Deve fuggire gli adulatori come gli scorpioni,
perché essi lo spronano solo nei suoi difetti e danno ai buoni motivo di
adirarsi. Il re deve agire in modo da essere temuto dai più giovani, onorato
dai più anziani, lodato dai saggi, amato dai giusti e bramato dagli oppressi.
9. Il re non deve ricercare la compagnia di coloro che la Chiesa ha bandito, né
favorire coloro che hanno in spregio Dio e i suoi comandamenti; piuttosto deve
sollecitare costoro con parole cortesi e ammonimenti e, se non si correggono,
mostrare loro la sua severità e le sue opere buone. Perché l'onore del re
consiste nell'amare Dio sopra ogni cosa e accrescere con tutte le sue forze
l'onore di Dio.
10. Il re deve amare il popolo e il suo regno e trattare bene i suoi soldati,
così come fanno i genitori con i figli'. Alla corte di Stoccolma Brigida entrò
in contatto con le più alte cariche della vita politica del tempo e sviluppò per
questa un interesse che non l'abbandonò più.
Per due anni i rapporti con il re
e la regina furono ottimi: Brigida, ascoltata e rispettata, riuscì a ottenere
dal re non pochi benefici a favore dei deboli e degli oppressi e a creare a
corte un'atmosfera più spirituale. Fu anche madrina di battesimo di Erik,
primogenito della coppia reale. Ma non durò a lungo: Magnus e Bianca
cominciarono a circondarsi di adulatori e a condurre una vita sempre più
superficiale e lussuosa. Il re contrasse molti debiti per l'acquisto di nuove
province e fece esiliare coloro ai quali doveva grosse somme. Brigida si oppose
con decisione, ma non fu ascoltata: i suoi consigli non furono seguiti e le sue
profezie ridicolizzate.
Le pesanti critiche rivolte da Brigida ai consiglieri reali e l'influenza che la
veggente, nonostante tutto, continuava ad esercitare sul re suscitarono
malcontento: «Mia signora, tu sogni e vegli troppo. Sarebbe utile per te bere e
dormire di più. Dio dovrebbe aver abbandonato monaci e sacerdoti per parlare
alla gente di mondo? È sciocco prestare fede alle tue parole!», le disse un
giorno un cavaliere che si fingeva ubriaco mentre sedeva a tavola con importanti
personaggi. E poiché gli altri invitati volevano punire l'insolente, Brigida li
sollecitò a non farlo, ammettendo di avere molti difetti.
Evidentemente però le sue reazioni non erano sempre così tranquille, tant'è
vero che nelle Rivelazioni troviamo questo ammonimento a lei rivolto dal
Signore:
Tu, mia nuova sposa, hai peccato in quattro modi nella tua ira. In primo luogo
perché a causa delle parole che sono state pronunciate hai provato impazienza
nel tuo cuore. Io subii la flagellazione per amor tuo, e quando fui davanti ai
giudici non dissi una sola parola. In secondo luogo perché quando hai voluto
far sentire il tuo biasimo hai risposto duramente e hai alzato troppo la voce.
Quando io fui inchiodato sulla croce, alzai gli occhi al cielo e non parlai.
In terzo luogo perché col tuo comportamento hai disprezzato me, mentre avresti
dovuto sopportare pazientemente ogni cosa per amor mio. In quarto luogo perché
non hai dato il buon esempio al tuo prossimo che si era smarrito e che, vedendo
la tua pazienza, avrebbe potuto essere indotto a comportarsi meglio. Per questo
io voglio che non ti adiri più. Se qualcuno ti induce all'ira, non parlare
finché l'ira non si è allontanata dalla tua anima. Quando nell'animo tuo sarà
tornata la quiete e avrai riflettuto sulla causa della tua inquietudine, potrai
parlare con bontà. Se però vedi che parlando non ottieni nulla di utile e
tacendo non commetti peccato, avrai maggior merito nel tacerei.
Questa difficile situazione di contrasto indusse Brigida a prendere congedo
dalla corte, dove tuttavia tornò alcune volte in seguito quando, rimasta
vedova, si era stabilita nel convento di Alvastra. In quelle occasioni cercò di
consigliare per il meglio Magnus, sovrano dalle tendenze totalitarie,
preannunciandogli la rovina che appariva chiara al suo occhio interiore, ma
senza successo.
Il temporaneo abbandono della corte di Stoccolma da parte di Brigida nel 1338 fu
dovuto, oltre alle già citate ragioni politiche, anche alla morte precoce del
piccolo Gudmar, di appena undici anni. Brigida avvertì sempre più la necessità
di un'esistenza raccolta, di un approfondimento degli studi religiosi e della
spiritualità e, tornata a casa, decise di intraprendere insieme al marito il
primo dei suoi grandi pellegrinaggi, quello alla tomba di re Olaf 11, il Santo
di Norvegia.
Tutte le grandi religioni del mondo conoscono il pellegrinaggio. Da millenni gli
esseri umani vanno in pellegrinaggio a luoghi sacri, tombe di personalità
venerate, immagini miracolose. Gli arabi si recavano alla Mecca prima ancora
di Maometto, e prima di loro gli egizi al santuario di Osiride ad Abido e i
popoli della Mesopotamia a Ninive. E del resto il grande viaggio del popolo
eletto dall'Egitto alla terra promessa altro non è che un gigantesco
pellegrinaggio.
Per il cristianesimo tutta la vita umana è un pellegrinaggio sulle orme di
Cristo. I primi pellegrinaggi cristiani portarono i devoti nei luoghi dove Gesù
nacque, visse, morì e risorse. La seconda meta fu Roma, la città nella quale
gli apostoli Pietro e Paolo avevano subito il martirio e in cui si trovavano le
loro tombe. Nell'VIII secolo si aggiunse Santiago de Compostela, dove si trova
la tomba dell'apostolo Giacomo.
Nel medioevo le mete principali dei pellegrinaggi erano indicate con le tre
parole latine Deus, Angelus e Homo. Con la prima si intendeva la Terra Santa;
Angelus indicava Monte Sant'Angelo al Gargano, nelle Puglie, dove in una grotta
era apparso più volte l'arcangelo Michele luogo, estremamente suggestivo, è
tuttora veneratissimo. Homo infine indicava le tombe degli apostoli Pietro e
Paolo a Roma e quella di San Giacomo in Spagna.
Il pellegrinaggio caratterizza in modo particolare la devozione cristiana
medievale: grandi pellegrinaggi a cavallo, in carrozza o più spesso a piedi, che
per mesi e anche anni portavano i pellegrini lontano dalla famiglia, dalla
casa e della patria. Si andava in pellegrinaggio per motivi assai diversi: come
penitenza (a volte invece che con la prigione i delitti venivano scontati con
un pericoloso pellegrinaggio), per implorare la guarigione da qualche grave
malattia, propria o altrui, per chiedere lumi riguardo a decisioni importanti
da prendere, oppure ancora per pregare sulla tomba di un santo e implorarne la
protezione.
Intraprendere uno di questi pellegrinaggi significava mettersi in viaggio per
terre lontanissime, anche oltremare, dov'erano in agguato pericoli di ogni
genere, dai predoni alle malattie, senza la certezza del ritorno. Il
pellegrinaggio era quindi rischio e avventura; era però anche un'occasione
unica di conoscere il mondo, di misurarsi con se stessi e venire in contatto
con uomini, paesi e costumi diversi, così che non è azzardato dire che il primo
passo verso la reciproca conoscenza dei popoli d'Europa fu rappresentato
proprio dai pellegrinaggi, in particolare quello, frequentatissimo, a Santiago
de Compostela.
Brigida fu una grande pellegrina. Nel 1338 visitò con il marito la tomba di re
Olaf II, il Santo di Norvegia, morto nel 1030, che aveva portato avanti nelle
terre nordiche l'opera di cristianizzazione iniziata da Olaf I. Nel medioevo la
sua tomba nel duomo di Trondheim era meta di innumerevoli pellegrini
provenienti da tutta la Scandinavia. Brigida e U1f fecero tutto il percorso a
piedi, impiegando oltre un mese per superare la gelida catena di montagne che
separa la Svezia dalla Norvegia e raggiungere Trondheim. Sulla tomba di Olaf
Brigida pregò per la Svezia, governata da un re discutibile.
Rinfrancata nello spirito, al ritorno dalla Norvegia Brigida riprese il suo
posto alla corte svedese, che tuttavia abbandonò definitivamente l'anno
successivo, essendosi convinta dell'inutilità dei suoi sforzi per riportare i
due giovani sovrani a una vita più seria e costruttiva.
Ed ecco di nuovo la vita familiare, l'intimità con Ulf, la cura dei figli, le
opere di pietà, le visite a monasteri e conventi, luoghi di cultura e
spiritualità.
Nel 1341, anche per celebrare le nozze d'argento, Brigida e Ulf decisero di
intraprendere il pellegrinaggio alla tomba dell'apostolo Giacomo in Galizia.
Nella famiglia di Brigida il pellegrinaggio a Compostela era una tradizione: vi
si erano recati suo padre, suo nonno, suo bisnonno. Deciso il viaggio, Brigida e
Ulf sistemarono quindi ancora una volta i figli: Karl e Binger restarono a casa
con i precettori, le figlie Cecilia e Caterina furono ospitate in conventi
femminili per studiare, Ingeborg aveva da poco preso il velo e Bengt, che aveva
appena otto anni, accompagnò i genitori fino al monastero di Alvastra, dove fu
affidato ai monaci dell'ordine di San Bernardo.
Della piccola comitiva in viaggio per Santiago de Compostela faceva parte, in
qualità di confessore, un monaco cistercense di Alvastra, frate Svenung, che fu
in seguito testimone della santità di Brigida.
Per raggiungere Santiago i pellegrini seguirono la strada che attraversa
Germania, Francia e Spagna. Il lungo viaggio fu occasione di visite ad altri
luoghi sacri. Il primo tratto fu percorso per mare; sbarcati in un porto del
Baltico, attraversarono la Germania e raggiunsero Colonia, dove venerarono le
reliquie dei tre re Magi. I loro corpi erano stati portati nel X secolo a
Bisanzio e di qui a Milano, nella basilica di Sant'Eustorgio. Nel 1162 il
Barbarossa aveva saccheggiato la città e portato via le sacre reliquie, che
furono collocate in un prezioso scrigno nel duomo di Colonia.
Un'altra tappa fu fatta ad Aquisgrana, per visitare la tomba di Carlo Magno; fu
quindi la volta di Tarascona, nella cui chiesa riposa santa Marta, sorella di
Maria di Betania e di Lazzaro. Forse i pellegrini svedesi si recarono anche
alle Saintes-Maries-de-la-Mer, in Camargue, dove, secondo la leggenda, sarebbero
sbarcate, dopo aver preso la via dell'esilio, Maria Maddalena, Maria madre di
Giacomo e Maria Salome. Poi finalmente Compostela.
Brigitta e Ulf affrontarono ancora una volta il viaggio a piedi, vestiti
poveramente, mescolati a un gruppo di pellegrini. Il pellegrinaggio a Santiago
fu, per i due sposi, un periodo felice. Brigida, finalmente libera dagli
impegni di corte, godeva insieme a Ulf della possibilità di dedicarsi
completamente al piacere del viaggio e alle pratiche religiose. A Compostela
Brigida ebbe modo di acquistare un esemplare del Liber de modo bene vivendi, un
trattato di vita cristiana attribuito a san Bernardo, che per tutta la vita
portò con sé e che è conservato nella biblioteca dell'università di Uppsala.
Nel viaggio di ritorno attraversarono la Francia, allora in preda alla guerra
dei cent'anni con l'Inghilterra, scoppiata nel 1339; il papa, in lotta con
l'imperatore per il dominio dell'Europa continentale, risiedeva stabilmente ad
Avignone, cosa che suscitava scalpore ovunque. La presa di coscienza per
esperienza diretta di quella complessa situazione europea acuì la passione
politica di Brigida e influenzò in maniera determinante la sua attività futura
e la sua opera presso i grandi del tempo.
Per raggiungere la Svezia, Brigida e Ulf attraversarono le Fiandre. Giunti ad
Arras, città famosa per i tappeti (i famosi «arazzi»), Ulf si ammalò
gravemente, al punto che gli fu amministrata l'estrema unzione.
Come era sua consuetudine, Brigida si appellò all'aiuto del santo patrono
locale, che era san Dionigi, il quale le apparve in visione e le comunicò che
suo marito non sarebbe morto di quella malattia; le furono anche preannunciati
i suoi grandi pellegrinaggi a Roma e in Terra Santa e il suo compito futuro di
far conoscere il messaggio di Dio al mondo.
Ecco la descrizione della visione:
Mentre pregava le apparve il beato Dionigi che le disse: «Io sono Dionigi, che
venni da Roma in questa parte della Francia a predicare il verbo di Dio. Tu
nutri una speciale devozione per me e io ti dico che Dio vuole essere
annunciato al mondo attraverso di te e tu sei affidata alla mia custodia e alla
mia protezione, per cui io ti aiuterò e ti do un segno che cioè tuo marito non
morirà di questa malattia». Il beato Dionigi la visitò in molte altre
rivelazioni consolandola. Le disse anche quando e come avrebbe lasciato la vita
e la condusse in ispirito in tutti i luoghi che poi visitò dopo molto tempo, e
la signora Brigida seppe che sarebbe vissuta molti anni a Roma, avrebbe visitato
i santuari del regno di Napoli e i corpi dei santi apostoli che qui giacciono e
San Nicola a Bari e Sant'Angelo sul Monte Gargano. Poi verso la fine della sua
vita sarebbe andata a Gerusalemme a visitare il sepolcro del Signore, a
Betlemme e altri santuari, poi sarebbe tornata nell'Urbe e sarebbe morta.
Ulf infatti non morì. La malattia però gli aveva offerto l'opportunità di
riflettere sulle proprie debolezze umane, così che, rientrato a casa, col
consenso e l'approvazione della moglie fece voto di castità e decise di
abbracciare la vita religiosa. Verso la fine del 1342 chiese e ottenne di essere
accolto come novizio nel monastero cistercense di Alvastra dove già viveva,
preparandosi alla vita monacale, suo figlio Bengt.
A quanto risulta, Ulf non completò il noviziato perché la morte lo colse
abbastanza improvvisamente il 12 febbraio del 1344. Come narra il maestro Petrus
nella sua deposizione al processo canonico, prima di morire Ulf mise al dito di
Brigida il suo anello coniugale, chiedendole di non dimenticarsi mai di lui:
Pochi giorni dopo il decesso del marito, la signora Brigida si tolse l'anello
dal dito, e poiché molte persone ragguardevoli le dicevano che era segno di
poca carità rimuovere dal dito quell'anello, lei rispose: «Quando seppellii mio
marito, seppellii con lui ogni amore carnale e sebbene io l'abbia amato come il
mio stesso cuore, l'anello suo è per me quasi un peso perché guardandolo
l'animo mio ricorda le precedenti delizie; affinché l'animo mio riponga ogni
amore in Dio, voglio dimenticare l'anello e mio marito e raccomandarmi a Dio».
Brigida ha quarantadue anni, deve decidere della propria vita. Qualche giorno
dopo le esequie di Ulf torna a casa, a Ulvàsa, per mettere ordine negli affari
di famiglia. Per prima cosa divide le proprietà tra i figli e i poveri,
trattenendo per sé solo quanto basta per vivere modestamente.
I figli sono ormai sistemati: Karl, sposato, è divenuto signore di Ulvasa e
lagman come il padre; le figlie Marta e Caterina sono anch'esse sposate;
Ingeborg è monaca; Bengt vive ad Alvastra e con ogni probabilità si farà
monaco; Cecilia, di appena dieci anni, studia presso le domenicane di Skànninge.
Uscirà dal convento più tardi, su iniziativa del fratello Karl che non ravvisa
in lei alcuna inclinazione monacale, e si sposerà. La missione di Brigida come
sposa e madre può considerarsi compiuta.
Nel breve soggiorno a Ulvàsa, Brigida vive esperienze fondamentali. Una sera
mentre siede sola davanti al camino acceso contemplando le fiamme, tra i
bagliori del fuoco le appare Ulf. Brigida gli chiede come stia e lui le spiega
che, non avendo commesso peccati gravi, la sua permanenza in purgatorio non
sarà lunga. Poi continua:
La sentenza del tribunale supremo mi fu favorevole e avrò l'eterna salvezza:
soltanto non conosco l'ora. Poiché ora mi è concesso di chiedere aiuto per la
mia anima, ti prego di far celebrare, per un anno intero, delle sante messe alla
Madonna, agli angeli e a tutti i santi, specialmente in onore della passione di
Cristo nostro Salvatore, che spero presto mi libererà. Sii generosa con i
poveri, distribuisci loro tutte le mie coppe e i miei cavalli: fin troppo ho
peccato con essi! Se vorrai offrire un paio di boccali d'argento per farne dei
calici per l'altare, ciò varrà come suffragio per l'anima mia. Le mie terre
però puoi tranquillamente lasciarle ai figli: nulla ho acquisito illegalmente,
né ho tenuto o voluto tenere in eredità beni di ingiusta provenienza.
Poco tempo dopo, in marzo, mentre prega nella cappella del castello, Brigida
viene rapita in estasi e ode la voce di Dio che le rivolge queste parole:
«Donna, ascoltami: io sono il tuo Dio, che vuole parlare con te... Non parlo
con te per te sola, ma per la salute altrui. Tu sarai la mia sposa e il mio
canale e udrai e vedrai cose spirituali, e il mio spirito rimarrà con te fino
alla morte».
È un'esperienza fondamentale, che scuote e commuove Brigida nel profondo e le
fa capire che il suo cammino futuro è segnato: il Signore stesso l'ha scelta
per far pervenire agli uomini la sua parola e la sua volontà. La voce le
suggerisce anche di riferire tutto alla sua guida spirituale, il maestro
Matthias, e di consigliarsi sempre con lui, che in quanto teologo sa ben
distinguere le rivelazioni divine da quelle diaboliche, e di fargli conoscere
quanto ha udito.
Brigida si reca allora dal maestro Matthias, il quale la rassicura sul
carattere divino delle rivelazioni e le consiglia di tornare ad Alvastra, nella
cui foresteria aveva soggiornato, per generosa concessione del priore, durante
la malattia del marito, e di stabilirsi lì finché non riceverà il comando di
andare altrove.
Sappiamo che il consenso del priore a vivere ad Alvastra non mancò di suscitare
polemiche tra i frati, in quanto nel monastero, in base a un'antica regola, non
potevano abitare donne. Ma per Brigida fu fatta un'eccezione, grazie al suo
rango e alla consapevolezza delle sue straordinarie doti spirituali, che
misero a tacere i malcontenti.
Gli anni ad Alvastra - complessivamente quattro, interrotti da soggiorni a corte
e visite a monasteri e conventi - costituirono un tempo fecondo, nel corso del
quale Brigida si consacrò al Signore. Vita austera, meditazione sui divini
misteri, introspezione, preghiera, visioni sempre più frequenti: un periodo di
straordinario fervore mistico, che continuò sino alla fine della sua vita
terrena.
Racconta il maestro Petrus:
Quando Brigida si stabilì ad Alvastra, nell'anno di grazia 1346, accadde che Dio
le concesse in grande abbondanza visioni e divine rivelazioni; non mentre
dormiva, ma mentre era sveglia e pregava. Il corpo era come sempre, ma lei era
rapita fuori dei sensi in estasi e contemplazione spirituale e a volte in
visione soprannaturale...
Cristo la forgia, la invita a migliorarsi, le suggerisce regole di vita:
Astieniti dal consentire alla tua bocca un lungo e vano parlare, chiudi le tue
orecchie ad ogni cattivo discorso e non permettere ai tuoi occhi di vagare
inutilmente intorno. Apri le tue mani per dare elemosine ai poveri e piega le
tue ginocchia per lavare loro i piedi. Il tuo corpo deve essere vestito con
semplicità e curato solo quanto basta per adempiere il mio servizio senza
cadere nella voluttà. Nelle tue vesti non vi sia nulla che testimoni superbia.
Tutto deve essere utile, niente deve essere superfluo. Ti ordino anche di
rifuggire ogni contatto carnale, perché se seguirai la mia volontà in futuro
sarai madre di figli spirituali così come finora sei stata madre di figli
carnali.
Gesù spiega anche alla sua sposa come dovrebbe essere per essergli gradita:
Tu dovresti essere come un violino da cui l'artista trae soavi suoni. Il
proprietario del violino lo copre esternamente d'argento perché appaia più
prezioso e lo riveste internamente di solido oro. Allo stesso modo tu devi
essere inargentata di buoni costumi e umana sapienza, così da capire quale sia
il tuo debito verso Dio e verso il tuo prossimo e che cosa giova alla tua anima
e al tuo corpo per l'eterna salvezza. Interiormente devi essere ornata
dell'oro dell'umiltà, così da non desiderare di piacere ad altri che a me e da
non temere di dispiacere agli altri per causa mia. Il suonatore inoltre fa tre
cose: per prima cosa avvolge il violino in un telo perché non si macchi; poi
prepara un astuccio nel quale custodirlo e infine mette una serratura
all'astuccio affinché nessuno lo rubi. Allo stesso modo tu devi rivestirti di
purezza per non macchiarti di desideri e di passioni. Cerca di essere spesso
sola perché la compagnia dei malvagi rovina i buoni costumi. La serratura indica
la scrupolosa cura dei tuoi sensi e della tua interiorità, affinché in ogni tua
azione tu stia ben attenta a non farti ingannare dalle insidie del demonio. La
chiave però è lo Spirito Santo che apre il tuo cuore come a me piace e per il
bene dell'umanità.
In quegli anni di formazione Brigida ebbe vicine alcune personalità di notevole
rilievo, primo fra tutti il già citato maestro Matthias, che fu il suo direttore
spirituale e che morì nel 1350, poco dopo la partenza della futura santa per
Roma.
Poi i due Petrus: il maestro Petrus dell'Istituto dello Spirito Santo di
Skànninge in qualità di confessore, e il monaco cistercense Petrus, vicepriore
e poi priore del monastero di Alvastra, come segretario. Tale compito fu da lui
svolto inizialmente con una certa riluttanza, sia perché non se ne sentiva
all'altezza, sia perché soffriva di emicranie; Brigida però riuscì a infondergli
il coraggio necessario e Petrus tradusse in latino la maggior parte delle
Rivelazioni che Brigida gli comunicava in svedese.
Leggiamo infatti nelle Rivelazioni:
Il reverendo padre Petrus racconta che soffrendo fin dalla fanciullezza di un
grande dolore di testa che lo tormentava senza sosta, chiese a santa Brigida,
che era al monastero di Alvastra, di pregare per lui. Ed ecco che mentre santa
Brigida pregava le apparve Gesù Cristo e le disse: «Va' a dire al fratello
Petrus che è liberato dal suo mal di testa. Che scriva quindi lietamente i
libri che contengono i disegni che ti ho rivelato, perché non gli mancheranno
aiuto e assistenza». E da allora il fratello Petrus non sentì più alcun mal di
testa.
I due Petrus seguirono Brigida in Italia, le furono accanto fino alla morte e
insieme ne scrissero la Vita in vista della canonizzazione. Petrus di Alvastra
curò anche la Deposicio copiosissima («grande deposizione») presso la Curia
romana il 30 gennaio 1380. Petrus di Skànninge divenne il primo confessore
generale del monastero brigidino di Vadstena.
Negli anni trascorsi ad Alvastra Brigida rinunciò a ogni cosa terrena e si fece
totalmente sposa di Cristo.
In una visione particolarmente vivida sant'Agnese le pose sul capo una corona di
sette preziosissime gemme, come «prova di una pazienza insuperabile».
Nel 1349, mentre percorreva a cavallo, seguita da servitori e dal confessore, i
venti chilometri che separavano Alvastra da Vadstena, dove si recava spesso per
seguire i lavori al convento, Brigida ebbe una lunghissima visione che è
all'origine del Liber quaestionum (Libro delle domande), che occupa tutto il
quinto volume delle Rivelazioni.
La futura santa rimase fuori sentimento per tutto il tragitto e i servitori la
destarono solo quando giunsero a Vadstena. Lei se ne rammaricò, perché era
immersa in una visione stupenda, però ogni cosa rimase impressa nella sua
mente e poté essere trascritta nel giro di appena un'ora. Come al solito, Petrus
tradusse il testo in latino. Si tratta di sedici domande (interrogationes),
ognuna divisa in cinque domande minori (quaestiones), che un dotto e superbo
monaco pone direttamente al Signore.
Le sempre più frequenti visioni e rivelazioni non riguardavano però soltanto la
sua personale edificazione, ma anche le grandi missioni sociali e politiche che
l'attendevano, così che Brigida gradualmente si convinse che suo compito era
lavorare per il bene della Chiesa e di tutta la società sconvolta dalle vicende
di quel tempo. Un importantissimo aspetto della sua missione doveva riguardare
gli affari politici d'Europa, in preda alla guerra dei cent'anni (1339-1453) e
disorientata per l'esilio del papa ad Avignone. A Brigida furono ispirati
messaggi destinati ai grandi protagonisti di queste vicende, imperatori e
pontefici; molte cose dovrà dire anche a re Magnus, suo cugino, e alla sua
corte. C'era infine un nuovo, grande progetto al quale dedicare tutta
l'attenzione: un nuovo ordine monastico.
Fu una visione a rivelare a Brigida che avrebbe dovuto occuparsi anche di un
compito di fondamentale importanza per la vita spirituale del suo travagliato
tempo: la fondazione di un nuovo ordine monastico dedicato al Santissimo
Salvatore e in onore della Vergine Maria. Nell'introduzione alla Regola
dell'ordine si legge infatti:
Io fui come un re che piantò buone vigne e per un certo tempo ne ricavò buoni
frutti. Queste vigne erano gli ordini monastici e le istituzioni dei Santi
Padri, che ristoravano gli assetati, riscaldavano chi aveva freddo,
mortificavano gli insolenti e portavano la luce ai ciechi. Ora però mi lamento
perché le siepi che proteggevano le vigne sono spezzate, i guardiani dormono ed
entrano i ladri, le radici sono scalzate dalle talpe, le viti appassiscono per
mancanza d'acqua, i grappoli sono strappati via dal vento e calpestati.
Affinché però il vino non scompaia completamente, voglio piantare una nuova
vigna; lì tu porterai le viti delle mie parole.
La Regola del nuovo ordine fu dettata a Brigida in visione:
Tutti gli articoli di questa Regola mi vennero dettati da Gesù Cristo. Non
erano per me come parole scritte sulla carta, ma io li comprendevo uno dopo
l'altro e con l'aiuto della grazia di Dio li ho conservati tutti nella mia
memoria. Quando la visione ebbe fine, il mio cuore fu così pieno di calore e di
gioia che nulla più vi poteva entrare, se doveva continuare a vivere;
diversamente sarebbe scoppiato dall'allegrezza. Per molti giorni il mio cuore fu
pieno e gonfio come un sacco ricolmo, e così continuò a essere finché non potei
raccontare tutto a un pio amico di Dio, che scrisse ogni cosa il più rapidamente
possibile. Quando tutto fu scritto, il mio cuore e il mio corpo tornarono
lentamente come erano prima.
Una descrizione veramente efficace dell'estasi e dei gioiosi effetti che essa
produce nell'animo di chi ne è gratificato.
Il nuovo ordine doveva essere caratterizzato dalla compresenza di uomini e donne
che fanno vita distinta ma associata: un cosiddetto «monastero doppio». I
monasteri doppi esistevano già fin dai primi tempi dell'era cristiana sia in
Oriente sia in Europa, e quello voluto da Brigida aveva quindi dei precedenti.
Nel corso del suo pellegrinaggio a Santiago de Compostela, Brigida aveva
attraversato la Francia ed era venuta in contatto con l'ordine monastico di
Fontevrault, nella diocesi di Poitiers, fondato dal beato Roberto d'Arbrissel
nell'XI secolo, la cui caratteristica era appunto la compresenza di monaci e
religiose rigidamente separati. I monaci erano sottomessi alla badessa.
A queste caratteristiche Brigida volle attenersi. Un monastero di sole suore era
per lei inconcepibile, in quanto per celebrare la messa, ricevere la
confessione e amministrare i sacramenti erano indispensabili i sacerdoti. Suore
e sacerdoti dovevano però vivere in edifici diversi e anche nei momenti comuni
in chiesa occupare posizioni distanti fra loro.
La Regola dettata a Brigida è assai particolareggiata e ispirata a un ben
preciso simbolismo: in trenta capitoli viene descritta tutta l'organizzazione
del monastero e la vita dei frati e delle suore. Nel nuovo ordine monastico
voluto da Brigida i sacerdoti devono essere tredici, come gli apostoli (il
tredicesimo è san Paolo). Quattro i diaconi, che rappresentano i quattro grandi
dottori della Chiesa: Ambrogio, Agostino, Girolamo, Gregorio. Otto i laici al
servizio dei sacerdoti. Le suore devono essere sessanta. In tutto
ottantacinque persone, corrispondenti ai tredici apostoli e ai settantadue
discepoli.
La Regola descrive ogni aspetto, abito compreso. Sulla cuffia delle suore e sul
mantello degli uomini cinque fiamme di stoffa rossa simboleggiano le piaghe di
Cristo.
Capo del monastero è la badessa; il primo dei sacerdoti, il confessore
generale, deve obbedire a lei, così come la Vergine, rappresentata dalla
badessa, è regina degli apostoli.
In visioni successive furono precisate a Brigida altre norme, contenute nelle
Rivelazioni supplementari (Revelationes extravagantes), relative soprattutto
all'ideale ascetico, assai simile a quello cistercense di san Bernardo,
previsto per la vita monastica: viene sottolineato il valore della semplicità,
dell'umiltà, dell'obbedienza e dei silenzio. Niente quadri alle pareti, se non
quelli che rappresentano la vita di Gesù e dei santi, niente sculture, finestre
con vetri bianchi o gialli. Austerità ascetica in ogni cosa. Niente organo
inoltre, poiché costituisce una distrazione, e solo canti simili a quelli dei
certosini, cioè puri e rivolti unicamente a Dio, e non al piacere di chi
ascolta: «Al monastero deve in un certo senso venire a mancare il tempo, deve
regnare serietà di canto, purezza dei sensi, osservanza del silenzio,
attenzione alla parola di Dio».
Nelle Revelationes extravagantes il Signore si rivela addirittura il vero
architetto della chiesa abbaziale e ne detta tutti i dettagli costruttivi.
Eccone qualche esempio:
Il coro della chiesa deve essere a occidente, a lato del lago'. Deve essere un
alto muro a tramonto, dalla casa sul lago sino alla fine della corte dei
clerici. Tra questo muro e il coro ci sarà uno spazio di diciotto aunes (misura
di lunghezza di 1,20 m circa) per edificare il parlatorio, che sarà diviso per
il lungo da un muro che andrà dal coro dei Fratelli al muro vicino al lago. In
questo parlatorio i Fratelli e le Sorelle potranno parlare fra loro delle loro
necessità. Che non ci siano finestre nello spazio tra i religiosi e le
religiose, così che non si vedano. Che in questo muro ci siano anche due ruote,
come è costume in tali monasteri. E poi che il coro dei religiosi abbia
ventidue aune di lunghezza sotto un'unica volta, dal parlatorio che guarda a
occidente fino al grande altare, così che questo grande altare sia sotto la
volta; e i clerici devono stare tra il grande altare e la parete che guarda a
occidente. Quanto alla volta, essa avrà venti aune di larghezza; e il muro che è
dietro, dalla parte dei religiosi verso il tramonto, avrà cinque finestre basse
e vicine a terra, dove le Sorelle faranno la loro confessione e riceveranno il
corpo del Signore. La chiesa stessa deve avere cinque volte nel senso della
lunghezza e tre in larghezza, e ogni volta deve essere di venti aune in
larghezza e ventotto in lunghezza, e che si aggiungano tre volte contigue
dietro al grande altare...
Come sede per il nuovo ordine, Brigida pensa al castello reale di Vadstena,
poco a nord del monastero di Alvastra, a metà strada tra questo e Ulvasa, in una
insenatura del lago Vàttern. Il castello appartiene al re, e a lui quindi dovrà
essere richiesto.
Trascritta la Regola, Brigida fa visita al maestro Matthias a Linkòping e gli fa
leggere quanto le è stato dettato dal Signore. L'anziano e saggio teologo non
trova nulla da obiettare e approva ogni cosa. Tutto è pronto, è tempo di
ritornare alla vita pubblica.
Dopo due anni di completo ritiro ad Alvastra, Brigida dà inizio alla sua
missione e si reca alla corte di Stoccolma per far sapere al re e ai nobili
quanto il Signore le ha ordinato di comunicare loro; deve inoltre compiere i
passi necessari per far approvare la sua Regola e svolgere i suoi compiti
politici.
Durante il soggiorno al monastero di Alvastra, Brigida era sempre stata ben
informata di ciò che accadeva a corte dal fratello Israel e dai figli maggiori
Karl e Birger che, per il loro rango e i loro uffici, la frequentavano
regolarmente. A corte si viveva allegramente e nel lusso, ma il paese era
gravato da tasse sempre più pesanti.
Per ordine del Signore, Brigida torna quindi a corte e viene subito ricevuta
dal re, che l'ascolta in un misto di devozione, affetto e timore. Brigida ha
molte cose da rimproverargli: Magnus è pavido, cede facilmente al parere
altrui, non vuole contrariare nessuno. Politicamente aveva commesso l'errore di
aiutare lo Holstein contro il re danese e molti soldati svedesi erano caduti
nell'assedio del castello di Copenaghen. Il re inoltre aveva contratto molti
debiti per acquisire nuove terre e aveva di conseguenza imposto gravose tasse
al popolo.
Brigida ha anche molte importanti richieste da fare al re: prima di tutto, la
sua approvazione del progetto di un nuovo ordine e l'appoggio alla richiesta di
ratifica della Regola da parte del papa; poi la donazione del castello reale di
Vadstena come sede del monastero. Brigida chiede inoltre al re che la Svezia,
neutrale, supplichi il papa di farsi mediatore di pace tra Francia e
Inghilterra. Brigida conosceva bene, per averle constatate di persona nel corso
del suo pellegrinaggio a Santiago de Compostela, le devastazioni e la miseria
provocate dalla guerra tra le due grandi nazioni, e questa consapevolezza la
induceva a impegnarsi con tutta se stessa per porvi rimedio. Infine Brigida
prospetta al re una crociata in Finlandia per convertire i pagani, cosa che del
resto era già nei progetti di Magnus.
Il re plaude all'idea di un ordine tutto svedese, che costituisce una
prestigiosa novità in quanto tutti gli ordini esistenti nel Paese erano fino ad
allora venuti da fuori (i cistercensi dalla Francia, i francescani e i
domenicani dall'Italia), e appoggia la richiesta di approvazione della Regola
da parte del papa, al quale sarà inviato un messaggero. Quanto al castello di
Vadstena, chiede di potersi consultare con Bianca, la regina sua moglie. Anche
il suggerimento di intercedere presso il papa incontra il favore del sovrano.
Brigida si mette all'opera: prepara messaggi per Edoardo III d'Inghilterra e
Filippo di Valois, re di Francia, ai quali chiede, nel nome del Signore, di
giungere alla pace; propone anche che si cerchi un accordo attraverso un
matrimonio che ristabilisca l'armonia tra le due case regnanti.
Altri messaggi sono destinati a papa Clemente VI (1342-1352) perché indica il
giubileo per il 1350, approvi il suo ordine, riporti la cura papale a Roma,
unica vera sede del vicario di Cristo, e si impegni a mettere pace fra i
belligeranti. Ciò che gli scrive è dettato direttamente da Dio:
Scrivi in mio nome a papa Clemente: io ti ho innalzato e ti ho fatto ottenere i
massimi onori. Alzati dunque e ristabilisci la pace tra i sovrani di Francia e
Inghilterra, che sono come pericolose belve e corruttori di anime. Vieni poi in
Italia e annuncia la parola di Dio e un anno di salvezza e amore di Dio (anno
giubilare), e guarda le strade coperte del sangue dei miei santi; allora ti darò
quel premio che non ha mai fine'.
Per preparare adeguatamente le importanti missioni che si è prefissata, Brigida
rimane a corte tutto l'inverno tra il 1345 e il 1346, non più come consigliera
dei sovrani, ma come amica e parente. È molto nota: si dice che abbia il potere
di guarire gli ammalati, comandare ai demoni, conoscere nella preghiera lo stato
dei defunti e convertire i peccatori.
Ma una nuova sofferenza si sta preparando per lei: una lettera del priore di
Alvastra la informa che il figlio Bengt, che sembrava destinato alla vita
monastica, è gravemente ammalato. Il ragazzo muore infatti all'inizio del 1346,
poco dopo l'arrivo della madre, e viene sepolto nella chiesa di Alvastra, dove
già riposano il padre e il fratellino Gudmar. Brigida ha poco tempo per
concedersi al dolore, perché gli impegni incalzano: i messaggi per il pontefice
devono essere recapitati, bisogna lavorare per il nuovo ordine voluto dal
Signore.
Come messaggero presso il pontefice viene scelto il vescovo Hemming di Abo, in
Finlandia, uomo di grande cultura ed esperienza, che aveva studiato a Parigi ed
era stato allievo del benedettino Pierre Roger de Rotiers, eletto papa nel 1342
ad Avignone col nome di Clemente VI. Nel suo viaggio ad Avignone è
accompagnato dal monaco Petrus di Alvastra. Re Magnus appoggia la missione e
affida ai messaggeri una lettera scritta di suo pugno da recapitare ai sovrani
di Francia e Inghilterra.
Nella primavera del 1346 il vescovo Hemming e Petrus di Alvastra partono per
Avignone. Come lasciapassare e raccomandazione hanno una lettera di maestro
Matthias, che funge ora da prologo alle Rivelazioni e inizia con queste parole:
«Cose stupefacenti e meravigliose sono state udite nella nostra terra» (Stupor
et mirabilia audita sunt in terra nostra).
Il 1° maggio 1346, giorno in cui si festeggia santa Valpurga, Brigida ha una
grande gioia: re Magnus e la regina Bianca le donano il castello di Vadstena.
Qui sarà fondato il monastero che i sovrani scelgono come estrema dimora per
loro stessi e i loro eredi. Al castello vengono unite molte terre e in seguito
anche una notevole cifra per le opere di adattamento e costruzione. II superbo
palazzo reale dovrà infatti essere trasformato in monastero, operazione che
richiederà molto lavoro. Dovrà inoltre essere edificata una chiesa adatta alle
esigenze di un grande monastero.
Da allora, per tutto il tempo trascorso ancora in Svezia, Brigida passò lunghi
periodi a Vadstena per avviare i lavori di ristrutturazione e adattamento e
anche in seguito, ormai stabilita a Roma, continuerà a dedicare al monastero
molta attenzione. Non vi tornò più da viva, ma i suoi resti mortali vi furono
traslati un anno dopo la morte, che avvenne a Roma nel 1373.
Con la donazione del castello reale di Vadstena, Brigida ha ottenuto una prima,
importante vittoria. Non tutto però va come dovrebbe: da Avignone il vescovo
Hemming scrive che papa Clemente VI non ha prestato orecchio alle sue
richieste, non si è adoperato per favorire la pace tra Francia e Inghilterra e
non vuole lasciare Avignone per tornare a Roma. Del resto tre anni prima, nel
1343, non aveva ascoltato Cola di Rienzo, venuto ad Avignone come ambasciatore
della città di Roma, della quale gli aveva fatto presente la decadenza`. Il papa
non è contrario a indire un giubileo per il 1350, ma di un nuovo ordine non vuole neppure sentir parlare: ha
ricordato anzi che il concilio Laterano del 1215 aveva stabilito che nessun
nuovo ordine dovesse più essere fondato.
Brigida se ne rammarica molto, ma non si abbatte e continua la sua opera
affinché l'ordine venga approvato, sempre fiduciosa nelle parole che le erano
state dette dal Signore e che figurano nel capitolo XXXI della Regola: Labora
igitur tu, et cooperare quantum poteris; Ego autem perficiam dum mibi
placuerit. In buona sostanza, aiutati che Dio t'aiuta. Una grande saggezza.
L'anno santo perorato da Brigida fu effettivamente indetto per il 1350 e
annunciato a tutto il mondo cristiano. La sede papale continuava però a restare
ad Avignone e Clemente VI stringeva ancora di più i rapporti con la Francia,
eleggendo quasi esclusivamente cardinali francesi. Il papa viveva come un
principe mondano e Brigida sapeva bene che tra i suoi compiti c'era anche
quello di lavorare per il rinnovamento della Chiesa. Glielo aveva spiegato molto
chiaramente il suo sposo divino:
Come una sedia ha quattro gambe e un sedile, così anche la mia sedia, quella
che ho dato al papa, deve avere quattro gambe, cioè umiltà, obbedienza,
giustizia e misericordia, e il sedile dovrebbe essere fatto di divina saggezza
e amore di Dio. Ora però questa sedia è stata dimenticata e al suo posto ne è
stata adottata un'altra dove l'orgoglio sostituisce l'umiltà, l'ostinazione
l'obbedienza, l'avidità di ricchezza la giustizia, l'ira e la malevolenza la
misericordia, mentre chi la occupa non aspira ad altro che ad essere chiamato
saggio e maestro secondo il metro umano.
Brigida sapeva anche che il papa non sarebbe stato a Roma per il giubileo: lui
stesso l'aveva detto molto chiaramente al vescovo Hemming e a Petrus di
Alvastra quando si erano recati ad Avignone a portargli i suoi messaggi. E a
causa di questa assenza la futura santa esitava ad affrontare il pellegrinaggio
a Roma in occasione dell'anno santo. Gesù però così le parlò in visione:
lo sono il Figlio del Dio vivente. La Regola dell'ordine che ti è stata data
deve essere confermata dal mio rappresentante, che nel mondo è chiamato papa,
poiché egli ha il potere di legare e sciogliere al posto mio e deve rendermene
conto davanti a tutte le mie schiere celesti... Inoltre il papa deve permettere
che nel luogo che ti è stato mostrato quando ricevesti la Regola venga edificato
un monastero; poiché proprio là deve prendere inizio questa Regola.
In un'altra visione le fu ordinato dal Signore di recarsi a Roma come sua
ambasciatrice, di restarci finché non avesse visto il papa e l'imperatore e di
dire loro da parte sua le parole che lui le avrebbe ispirato,. Questa profezia
si realizzò, anche se - finché Brigida fu in vita - il ritorno a Roma di papa
Urbano V fu solo temporaneo. L'imperatore che Brigida vide fu Carlo IV, detto il
Boemo perché nato a Praga e sovrano di Boemia.
Conosciuta la volontà di Dio, Brigida si affrettò a fare i preparativi per il
lungo viaggio. I motivi per andare a Roma erano molteplici: partecipare al
giubileo, sollecitare presso la Curia romana la conferma papale del suo ordine,
lavorare per il ritorno del papa; Brigida desiderava inoltre ampliare il
proprio orizzonte spirituale e accrescere lo spazio del proprio apostolato.
La partenza avvenne all'inizio dell'autunno del 1349: Brigida non avrebbe più
rivisto la sua patria. Insieme a lei partirono il segretario Petrus di Alvastra
e il confessore Petrus di Skànninge; si unì a loro anche un altro sacerdote
svedese di nome Magnus Persson, che seguì poi Brigida in Terra Santa. Facevano
inoltre parte del piccolo gruppo di pellegrini il sacerdote Gudmar Fredriksson,
che fu in seguito monaco a Vadstena, la giovane signora Ingeborg Laurensdotter
e alcuni servitori. Nessun membro invece della famiglia di Brigida.
Prima di lasciare la Svezia, Brigida volle salutare il maestro Matthias: non
l'avrebbe più rivisto, perché l'anziano teologo sarebbe morto l'anno successivo.
Non si sa con certezza quale sia stato l'esatto percorso dei pellegrini:
certamente essi si imbarcarono a Kalmar, sulla costa sud-orientale della Svezia,
e sbarcarono sulla costa baltica tedesca.
I Paesi che Brigida attraversò erano in quel tempo sconvolti dalla peste nera,
che a partire dal 1350 imperversò anche in Svezia, mietendo innumerevoli
vittime. Nella primavera di quello stesso anno re Magnus infatti informò tutta
la popolazione che l'epidemia, proveniente dalla Norvegia dove il germe era
giunto nell'estate del 1349 con una nave inglese carica di tessuti di lana,
stava avvicinandosi al regno svedese.
La medicina del tempo era impotente nei confronti della peste: non si poteva
far altro che pregare. At traversando le terre tedesche, le più colpite dal
morbo (la popolazione ne risultò dimezzata), i viaggiatori svedesi
incontrarono infatti numerose schiere di penitenti e flagellanti, e anche
gruppi di pellegrini che come loro si recavano a Roma.
Mentre attraversavano la Svevia, avvenne un episodio che è stato riportato da
varie fonti e che è all'origine della fondazione, avvenuta nel secolo
successivo, di un importante convento brigidino. Giunti nel sud della Germania,
i pellegrini svedesi fecero tappa nella cittadina di Mayingen e fecero
pascolare i loro cavalli in un prato. Quando il proprietario chiese un
compenso, Brigida comprò tutto il campo e lo donò alla cittadinanza. Su
quell'appezzamento di terreno sorse in seguito, nel XV secolo, un convento
brigidino, dal quale pochi anni dopo ebbe origine il celebre monastero di
Altomúnster, presso Augusta in Baviera.
Poi finalmente, dopo aver attraversato le Alpi, i pellegrini giunsero in
Italia. La prima tappa fu a Milano, per pregare nella basilica di Sant'Ambrogio.
Come leggiamo nelle Rivelazioni, il grande vescovo di Milano apparve a Brigida
due volte e le parlò delle carenze e dei difetti di certi pastori della Chiesa.
La fortificò anche nella sua missione di conversione: «Dio ti ha chiamata
affinché in spirito tu possa vedere, udire, comprendere e rivelare agli altri
ciò che avrai udito».
A Milano si ammalò gravemente e poi morì Ingeborg Laurensdotter, che aveva
affrontato il pellegrinaggio a Roma per ottenere l'indulgenza dei suoi peccati
e soltanto con fatica aveva ottenuto dal marito il permesso di partire. Dopo la
sepoltura di Ingeborg, il piccolo gruppo proseguì in direzione di Genova,
sostando a Pavia per rendere omaggio a sant'Agostino, il cui corpo, portato via
da Ippona per timore di atti vandalici, era giunto qui dopo una sosta a
Cagliari.
A Genova i pellegrini si imbarcarono e proseguirono il viaggio per mare fino a
Ostia. Roma era finalmente a portata di mano. Non immaginava, forse, la
veggente svedese, che Roma sarebbe diventata la sua nuova patria e che avrebbe
dovuto attendere ben diciassette anni prima di vedervi giungere un papa: Urbano
V, che vi rimase meno di tre anni.
Da Ostia i pellegrini raggiunsero Roma a piedi, facendo sosta alla basilica di
San Paolo per rendere omaggio all'Apostolo. Giunti in città, la prima visita fu
certamente quella a San Pietro.
Brigida e i suoi trovarono alloggio all'albergo dell'Orso, sulla riva sinistra
del Tevere, di fronte a Castel Sant'Angelo, dove all'incirca mezzo secolo
prima, in occasione del primo anno santo della storia (il giubileo di Bonifacio
VIII del 1300) aveva alloggiato anche Dante Alighieri.
Pochi giorni dopo Brigida ricevette la visita di un messo del cardinale Hugo di
Beaufort, che offrì ospitalità a lei e al suo seguito nel palazzo del suo
signore. Fratello di papa Clemente VI, che ben conosceva la personalità di
Brigida e probabilmente desiderava usarle una cortesia, il cardinale Beaufort
risiedeva in quegli anni ad Avignone e non abitava quindi il grande palazzo
adiacente alla chiesa di San Lorenzo in Damaso, della quale era titolare. Nello
stesso palazzo aveva sede anche la cancelleria papale.
Brigida accettò con gioia l'invito e si trasferì con i suoi accompagnatori nel
vasto appartamento al primo piano, che era fornito anche di una piccola
cappella. Dalla finestra della sua camera, attraverso le finestre della chiesa,
Brigida poteva anche godere della vista dell'altare maggiore di San Lorenzo in
Damaso. Qui abitò per quattro anni. Fu in questo palazzo che nell'anno
giubilare 1350 Brigida ricevette il famoso Sermo angelicus, ovvero rivelazioni
dettatele da un angelo. Alcuni capitoli dell'opera, che narra la storia di
Maria, furono destinati a essere letti quotidianamente alle suore del convento
di Vadstena, aperto nel 1384.
Come trascorreva le sue giornate a Roma la principessa svedese? Un brano delle
Rivelazioni, che riporta le parole di Gesù stesso, lo descrive esattamente:
Vi consiglio di utilizzare per dormire le quattro ore prima della mezzanotte e
le quattro dopo la mezzanotte. Chi non ne è capace, provi a desiderare di
farlo e ci riuscirà. Se qualcuno è ragionevolmente in grado di dormire un po'
meno, senza per questo subirne danno nelle forze fisiche e psichiche, ne avrà
merito e premio. Successivamente dovete utilizzare quattro ore per pregare e
dedicarvi a opere utili e benemerite, così che nessuna ora trascorra senza dare
frutto.
In seguito potete avere due ore per il pasto di mezzogiorno. Se
userete meno tempo, ne sarete ricompensati da Dio. Questo tempo non dovete
prolungarlo a meno che non ci sia un motivo ragionevole per farlo. Poi dovete
dedicare sei ore a lavori necessari, consentiti o richiesti. Successivamente
altre due ore per i vespri, la preghiera della sera e altre preghiere a voi
gradite. Infine ancora due ore per la cena e per serene conversazioni.
Brigida pregava molto, prendeva lezioni di latino dal maestro Petrus e scriveva
in svedese le rivelazioni che il suo segretario traduceva poi in latino: «Studio
grammatica, prego e scrivo», leggiamo nelle Rivelazioni.
Il maestro Petrus dal canto suo ricevette dalla Santa Sede l'incarico di fare
da padre spirituale a tutti i pellegrini svedesi che venivano a Roma: a loro
Brigida dedicava cure e attenzioni, ospitandoli spesso nella sua casa.
Ampio spazio avevano nella giornata di Brigida anche le visite ai luoghi sacri
romani, in particolare le sette chiese' e le catacombe della via Appia, dove i
primi cristiani avevano trovato rifugio durante le persecuzioni.
Il maestro Petrus raccontò nella sua deposizione al processo che, in memoria
delle ferite e della passione di Cristo, Brigida usava lasciarsi cadere sulla
pelle nuda gocce di cera incandescente, e quando le ferite accennavano a
chiudersi lei le rinnovava con le unghie, affinché il suo corpo non fosse mai
senza i segni della passione. Di venerdì, in base alla testimonianza della
figlia Caterina, la santa soleva anche ingerire erbe amarissime (berbam
amarissimam que vocaturgenciana), in ricordo dell'amara bevanda data a Gesù
durante la sua passione.
Nel XIV secolo Roma era una città trascurata e in decadenza. Alle devastazioni
del terremoto del 1348 che aveva provocato pesanti danni ai monumenti e alle
abitazioni, si aggiungeva la difficile situazione interna: ruberie,
brigantaggio, estrema libertà di costumi. Ciò era in gran parte dovuto
all'assenza del papa e all'anarchia che ne conseguiva. Roma era anche dilaniata
dalle lotte tra i Colonna e gli Orsini e coinvolta nelle sommosse di Cola di
Rienzo. In questo stato di cose la situazione nella città eterna non era affatto
sicura neppure per i pellegrini che, nonostante l'assenza del papa, arrivavano
numerosi per visitare i luoghi sacri e pregare sulle tombe degli apostoli.
Leggiamo in un'antica cronaca:
La brutale violenza aveva preso il posto del diritto; non c'era più alcuna
attenzione per le leggi, nessuna protezione della proprietà, nessuna sicurezza
delle persone. 1 pellegrini che visitavano le tombe degli apostoli venivano
aggrediti e derubati, alle donne veniva usata violenza. Le chiese di Roma erano
in rovina, in San Pietro e in Laterano le greggi pascolavano nell'erba che
arrivava fino all'altare. Sulle colline del Campidoglio veniva coltivata la
vite, il foro era stato trasformato in orto e pascolo, gli obelischi egiziani
giacevano a terra, spezzati e semisepolti. Come conseguenza del trasferimento
della Santa Sede, erano subentrate divisioni interne, abbrutimento generale e
spopolamento".
Roma è come un campo nel quale sono cresciute rigogliose le erbacce. Di
conseguenza deve prima essere purificato col ferro e col fuoco e poi arato di
nuovo da un aratro trainato da una coppia di buoi. Per questa città si prepara
una grande punizione disse un giorno la Vergine a Brigida. Le Rivelazioni fanno
chiaramente intendere quanto Brigida pregasse e si prodigasse per porre rimedio
a questa triste situazione. Non s'impegnò soltanto con la preghiera, ma agì
concretamente intervenendo spesso nelle cose pubbliche e sollecitando il
ritorno del papa a Roma per il bene della Chiesa e della città.
La preoccupazione di Brigida per Roma e le miserande condizioni in cui lo stato
pontificio versava a causa dell'assenza del pontefice fu costante. Ne fa buona
testimonianza una sua lettera indirizzata a un'alta personalità ecclesiastica,
forse il vescovo di Orvieto che all'epoca svolgeva le mansioni di vicario
papale. La lettera contiene la richiesta di informare il papa della
situazione:
Illustrissimo signore, tra le altre notizie si faccia sapere al papa quanto sia
penoso lo stato della città che un tempo era felice spiritualmente e
corporalmente. Ora però essa è infelice sia corporalmente che spiritualmente;
corporalmente perché i suoi principi mondani, che dovrebbero essere i suoi
difensori, sono divenuti i suoi più terribili rapinatori; per questo le case
sono distrutte e molte chiese che custodiscono le spoglie mortali dei santi
vengono devastate. I santuari della città, dopo che i tetti sono crollati e le
porte divelte, sono divenuti le latrine di uomini, cani e bestie.
Spiritualmente la città è infelice perché molte leggi emanate da santi pontefici
su ispirazione dello Spirito Santo a lode di Dio e per la salvezza dell'anima
immortale non hanno più validità. Al posto loro sono subentrati, su ispirazione
di spiriti malvagi, abusi e malcostume a disonore di Dio e per la rovina delle
anime. Una legge della santa Chiesa prevedeva per esempio che i chierici
venissero consacrati, poi conducessero una vita devota, servissero Dio con la
preghiera e indicassero con le buone opere la via per la patria celeste. Adesso
però è subentrato il gravissimo abuso in base al quale i beni della chiesa
vengono affidati a laici non consacrati, i quali per poter essere considerati
chierici non si sposano, ma che senza alcuna vergogna si portano in casa e nel
letto delle prostitute, e tuttavia dicono: «A noi non è lecito vivere una vita
coniugale perché siamo canonici». Anche i sacerdoti, i diaconi e i sottodiaconi
evitavano un tempo la vergogna di una vita impura; oggi alcuni di loro si
vantano addirittura di far vedere in giro le loro prostitute col ventre gonfio e
non si vergognano se uno dei loro amici sussurra loro nell'orecchio: «Vedi,
illustrissimo signore, presto ti nascerà un figlio o una figlia!». Sarebbe più
giusto che fossero chiamati servi del diavolo piuttosto che sacerdoti
consacrati.
Il santo fondatore Benedetto e altri padri hanno, col permesso dei vescovi,
stabilito regole e fondato monasteri in cui gli abati vivevano con i loro
confratelli, pregavano di giorno e di notte e conducevano un'esemplare vita
monastica. Era veramente una gioia visitare i monasteri in cui i monaci
cantavano le lodi di Dio e con l'esempio della loro purissima vita inducevano i
peccatori a migliorarsi. Anche i buoni ne venivano rafforzati nella loro fede e
nella loro condotta. Le anime del purgatorio ottenevano la pace eterna grazie
alle preghiere di questi religiosi. Un tempo ogni monaco che viveva in base a
queste regole era tenuto in grande considerazione ed era amato da Dio e dagli
uomini. Chi invece non si preoccupava di attenersi alle regole, era
disprezzato.
Un tempo si riconosceva il monaco anche dall'abito. Oggi al posto
di queste regole sono subentrati in molti casi miserevoli abusi. Gli abati
vivono nei loro castelli, dentro e fuori la città, nel modo che vogliono. È
quindi doloroso visitare i cenobi, poiché solo pochissimi monaci, e a volte
addirittura nessuno, pregano nel coro alle ore stabilite. Nei monasteri si
legge e si studia pochissimo, non si canta quasi più, in certi giorni non si
dice neppure messa. 1 buoni si sentono oppressi dalla cattiva fama dei monaci
malvagi, i malvagi diventano sempre più malvagi. C'è da temere che le
preghiere di questi monaci possano aiutare ben poco le anime del purgatorio.
Molti monaci hanno la loro abitazione privata in città; ognuno ha la propria
casa; molti di loro, quando gli amici li vanno a trovare, abbracciano i loro
figli e dicono tutti felici: «Guarda, questo è mio figlio!». 1 monaci non si
riconoscono più dagli abiti e addirittura dopo il tramonto del sole portano
addosso un'arma per fare quello che loro meglio aggrada. Un tempo c'erano dei
santi che rinunciavano a grandi ricchezze e vivevano una vita ascetica senza
curarsi dei beni materiali.
Vestivano poveramente e conducevano una vita pura.
Questi santi e i loro confratelli vengono per questo chiamati monaci
mendicanti, i papi avevano confermato con gioia le regole del loro ordine e gli
appartenenti all'ordine avevano accettato volentieri un simile genere di vita a
maggior gloria di Dio e per la salvezza dell'anima immortale. Oggi però si è
colti da tristezza vedendo come sono degradate e non più seguite queste regole
che un tempo Agostino, Domenico e Francesco stabilirono per ispirazione dello
Spirito Santo e che furono seguite volentieri da uomini e donne ricchi e
nobili. Oggi molti monaci fanno tutto ciò che l'ordine vieta di fare e
addirittura si vantano di usare per le loro vesti stoffe più preziose e costose
di quelle usate per gli abiti dei ricchi vescovi.
Grazie a san Gregorio Magno e altri santi, a Roma furono edificate case
femminili di clausura; le monache che vi vivevano non erano mai state viste da
nessuno. Ora però in questi monasteri si commettono gravi abusi, perché le loro
porte si aprono indifferentemente per religiosi e laici, anche di notte; le
monache lasciano entrare chiunque loro piaccia. Di conseguenza questi edifici
assomigliano più a case di piacere che a santi conventi...
La lettera di Brigida continua lamentando gravi mancanze da parte di religiosi e
laici cristiani: i padri confessori accettano denaro da coloro che vanno a
confessarsi; soltanto una persona su cento si confessa e si comunica; il
matrimonio religioso ha perso ogni significato e spesso nella stessa casa
convivono moglie e amante; durante il periodo di Quaresima molte persone
giovani e sane mangiano carne; il giorno festivo non viene osservato e non pochi
ricchi costringono i loro sottoposti a lavorare anche la domenica e i giorni
festivi. Infine i cristiani praticano l'usura come i giudei, comportandosi
sovente assai peggio di loro.
L'Eccellenza vostra non si meravigli quindi - continua la lunga lettera di
Brigida - se a causa di questi abusi ho definito Roma una città infelice. C'è da
temere che la fede cristiana in breve tempo cada in oblio se non interviene
qualcuno che ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stesso e che ponga
fine a ogni abuso. Abbiate quindi compassione della Chiesa e di quelli del suo
clero che amano ancora Dio con tutto il cuore e disdegnano le cattive abitudini
sopra menzionate, che a causa dell'assenza del papa sono come orfani e che
tuttavia hanno difeso con amore e fedeltà infantile il trono del Santo Padre, si
sono opposti a tutti i traditori e ne hanno ricavato molte pene e difficoltà.
Quanto al pontefice, Brigida riceve per lui dal Signore una rivelazione molto
severa:
Mi rammarico con te, o capo della mia Chiesa, tu che siedi sul seggio che ho
donato a Pietro e ai suoi successori perché abbiano una triplice dignità: primo,
perché abbiano il potere di legare e slegare le anime dal peccato; secondo,
perché aprano il cielo ai penitenti; terzo, perché lo chiudano ai maledetti e a
coloro che mi disprezzano.
Ma tu che devi liberare le anime e presentarmele, tu
ne sei il carnefice; poiché io ho nominato Pietro pastore e guardiano del mio
gregge, e tu ne sei il dissipatore e colui che lo ferisce. Tu sei peggio di
Lucifero, perché lui mi invidiava e desiderava uccidere soltanto me per regnare
al mio posto, mentre tu non solo mi uccidi, ma uccidi anche le anime col tuo
cattivo esempio. Io ho guadagnato le anime col mio sangue e te le ho affidate
come un fedele amico; ma tu le abbandoni a un nemico dal quale io le avevo
liberate. Tu sei più ingiusto di Pilato, che non condannò a morte altri che me;
tu non solo giudichi me pur non avendo al riguardo alcun potere, ma condanni
anche le anime innocenti e perdoni i colpevoli. Tu mi sei più nemico di Giuda,
che vendette me solo; tu vendi anche le anime dei miei eletti per desiderio di
guadagno e per vanità. Tu sei più abominevole di coloro che crocifissero il mio
corpo, perché crocifiggi e punisci le anime dei miei eletti. E poiché tu sei
simile a Lucifero, più ingiusto di Pilato, più crudele di Giuda, più abominevole
di chi mi crocifisse, io con ragione mi lamento di te".
Parole chiare e dure, che in questa come in altre occasioni Brigida non ebbe
paura di indirizzare ai pontefici per indurli a tornare sulla retta via. Ma le
preoccupazioni religiose, politiche e sociali di Brigida non si concentrarono
solo sulla situazione di Roma, del papa e della Chiesa: andarono ben oltre. La
deposizione del suo segretario Petrus di Alvastra fatta alla Curia romana nel
1380 e contenuta negli Atti del pro-f cesso di canonizzazione ci informa infatti che Brigida fu in corrispondenza
con molte personalità religiose e politiche. Leggiamo infatti:
Brigida impetrò da Dio molte risposte per papa Urbano V e papa Gregorio XI e
per i regnanti di Svezia, cioè il re Magnus e la regina sua sposa, e per il
nuovo re di Cipro e sua madre Eleonora e per la regina Giovanna di Napoli e per
molti baroni e prelati e gente del popolo e religiosi e altre persone spirituali
del regno di Svezia e della città di Roma e dei regni di Sicilia e di molti
altri regni e province, che la interrogavano come profetessa di Dio sui loro
dubbi e desideravano avere una risposta da Dio attraverso di lei. Per tutti
costoro ella impetrò molte e diverse risposte da Dio, utili e belle per la
direzione della vita e dei costumi e per chiarire i loro dubbi".
Questo brano consente di capire quanto Brigida fosse nota, stimata e da qualcuno
anche temuta per le sue doti profetiche e il suo altissimo profilo morale.
Brigida sentiva di essere chiamata a far conoscere la volontà del Signore ai
grandi della terra e lo fece sempre con coraggio, senza lasciarsi intimorire da
niente e da nessuno, aiutata certamente in questo dalla consapevolezza del
proprio rango e dall'abituale frequentazione di sovrani, nobili e alti prelati.
Verso la metà dell'anno giubilare 1350 Brigida trascorse un periodo abbastanza
lungo all'abbazia di Farfa, in Sabina, nel ducato di Spoleto, dove regnava la
più grande decadenza di costumi. A inviarla fu il Signore stesso, affinché
intervenisse presso i monaci.
L'abbazia benedettina di Farfa, oggi in provincia di Rieti, fu fondata nel VI
secolo e ricostruita in quello successivo. Aveva conosciuto un grande splendore
tra il IX e 1'XI secolo, quando aveva partecipato alle lotte politiche ed
esteso i suoi possedimenti all'Abruzzo e alle Marche. Inoltre gli imperatori
tedeschi, a partire da Carlo Magno, le avevano concesso grandi privilegi. In
questo centro religioso e culturale, che nel medioevo era stato di primaria
importanza, era adesso penetrato lo spirito mondano: l'abate viveva come un
principe secolare e i suoi frati si comportavano di conseguenza.
Leggiamo nelle Rivelazioni:
Il fuoco che era emanato da san Benedetto accese tre specie di uomini, che
possono essere considerati tre diverse qualità di combustibile. Innanzitutto
coloro che bruciarono come l'incenso e abbandonarono il mondo per amor di Dio.
Poi quelli che bruciarono come erba secca, rinunciando al mondo disgustati
dalla vanità di tutto. E infine quelli che bruciarono come rami di ulivo con
chiara e pura fiamma ed erano pronti a morire per Cristo. Così furono i primi
benedettini: monaci, asceti, missionari. Ma ora lo spirito di san Benedetto ha
abbandonato i suoi figli. Le fiaccole spente giacciono a terra e non danno più
luce; emanano soltanto il fumo dell'impurità e della concupiscenza.
La visita di Brigida non fu gradita; poiché all'abbazia non era prevista la
presenza di donne, la principessa svedese fu ospitata in un magazzino esterno,
un autentico vile tugurium, come dicono gli Atti del
processo, ma il Signore stesso le spiegò in una visione che quel soggiorno
sarebbe stato per lei quanto mai salutare, perché le avrebbe permesso di capire
i disagi sopportati dai santi eremiti.
Il soggiorno di Brigida a Farfa fu per molti aspetti penoso, perché la sua opera
moralizzatrice incontrò resistenza. In una rivelazione relativa a questo
periodo leggiamo infatti:
La Vergine chiese a Brigida: «Quale cosa ti sembra che vi sia da rimproverare a
questo abate?». Rispose la santa: «Che molto di rado celebra la messa». Rispose
la Vergine: «In questo non è meritevole di rimprovero, poiché molti,
consapevoli della loro cattiva vita, ragionevolmente si astengono dal celebrare,
e perciò non sono da rimproverarsi. Che altro giudichi meritevole di
correzione?». Rispose la santa: «Che non porta le vesti secondo le regole del
suo istituto, ma troppo delicate e molli». Disse la Vergine: «Anche questo può
accadere che sia senza peccato, poiché la consuetudine così comporta. Sono molto
più meritevoli di castigo coloro che introdussero ciò contro ogni regola.
Ascoltami ora e io ti manifesterò per quali cose sia degno di severissimo
castigo. La prima perché il suo cuore, che dovrebbe essere trono di Dio, è
posseduto dalle meretrici; secondo, perché nato da umili e poveri genitori,
ambisce di farsi ricco nella religione, mentre ha promesso di osservare la
povertà e di rinnegare se stesso; terzo, perché avendo avuto dal suo creatore
un'anima così bella, l'ha orribilmente deformata; non si lusinghi nel vedersi
stimato e applaudito dagli uomini, poiché dall'altissimo Dio giudice è
disistimato per la sua superbia e quando verrà il suo tempo si troverà senza
merito alcuno».
Brigida presentò questa rivelazione all'abate, aggiungendo che era suo dovere
dare buon esempio ai suoi monaci, ma non ottenne alcun risultato. Alla futura
santa fu però riservata una grande consolazione, perché proprio a Farfa rivide
sua figlia Caterina, venuta a Roma dalla Svezia con un gruppo di pellegrini.
Caterina era sposata con Eggert von Kyren, parente del re, che non l'aveva
potuta accompagnare perché al momento della partenza era malfermo in salute.
Giunta a Roma, Caterina si era subito messa alla ricerca della madre, senza
trovarla. Un giorno però in San Pietro aveva incontrato Petrus di Alvastra che,
dopo aver accompagnato Brigida a Farfa, spinto da impulso irresistibile era
ritornato brevemente in città; l'incontro apparentemente casuale con Caterina,
preoccupatissima per non aver trovato la madre a Roma, gli aveva fatto capire
il motivo del suo inspiegabile desiderio di rientrare a Roma. Petrus condusse
subito Caterina a Farfa da Brigida e le cronache narrano che dopo l'arrivo
della giovane, che era bellissima, l'accoglienza riservata dall'abate alle due
donne fu più ospitale e generosa.
In base alla deposizione di Caterina stessa al processo, dopo qualche tempo
Brigida apprese in visione che Eggert era morto il venerdì santo di quell'an no
19; chiese allora alla figlia, che era appena diciottenne, se desiderasse
passare a seconde nozze oppure consacrarsi al Signore. Caterina non ebbe
esitazioni ed espresse subito il desiderio di restarle accanto e di servire con
lei il Signore. All'inizio dell'autunno del 1350 tornò infatti a Roma con
Brigida e fu la compagna fedele dell'ultima parte della sua vita; l'accompagnò
anche in Terra Santa e un anno dopo la sua morte ne riportò i resti mortali a
Vadstena.
Durante il soggiorno romano a Brigida non mancarono le preoccupazioni e in più
di un'occasione a quelle spirituali si aggiunsero quelle materiali. Precaria fu
spesso per esempio la situazione finanziaria. La futura santa faceva infatti
molte elemosine e, a causa delle difficoltà di trasporto, il denaro che le
veniva inviato dalla Svezia arrivava a Roma in maniera assai irregolare. In
un'occasione particolarmente difficile Brigida si rivolse alla Madre di Dio ed
ebbe questa risposta: «Non ti preoccupare per la giornata di domani, perché
anche se non ti rimanesse altro che il nudo corpo, devi avere fiducia nel
Signore. Lui che nutre i passeri, provvederà anche a voi che ha redento col
proprio sangue». Brigida chiese ancora: «Che cosa mangeremo domani?». E la
risposta fu questa: « Se veramente non avete più niente, chiedi l'elemosina nel
nome di Cristo». Brigida seguì il consiglio e non si vergognò di chiedere
umilmente l'elemosina insieme ad altri mendicanti davanti alla chiesa di San
Lorenzo in Panisperna.
Altre volte il denaro necessario arrivò in maniera miracolosa. Per esempio, un
giorno che in casa mancava il necessario, Brigida mandò sua figlia Caterina in
San Pietro insieme ad alcune devote signore romane. Mentre pregavano davanti
alla tomba dell'apostolo, si videro davanti una signora sconosciuta vestita di
un abito bianco e di un mantello nero. La sconosciuta portava sul capo un velo
bianco. La signora si rivolse a Caterina e le chiese di pregare «per la
norvegese». Caterina le chiese allora da dove venisse, e la sconosciuta rispose
che veniva dalla Svezia. Disse poi che la moglie di suo fratello Karl, il figlio
maggiore di Caterina, era morta e aggiunse: «Pregate per la norvegese! Presto
riceverete notizie e aiuti dalla patria, perché la norvegese ha lasciato a voi
la collana d'oro che era solita portare». Subito dopo la sconosciuta signora
scomparve.
Poco tempo dopo questo episodio arrivò dalla Svezia Ingwald
Anundsson, buon amico di Caterina, che annunciò la morte di Guydda, la moglie di
Karl. Guydda era norvegese. Ingwald portava con sé la collana d'oro della
defunta. Questo gioiello aveva un valore così alto che, vendendolo, col ricavato
Brigida, sua filia e il seguito poterono vivere per un anno intero.
Un'altra preoccupazione venne dalla casa in quanto, dopo quattro anni di
soggiorno nel palazzo del cardinale Hugo di Beaufort, Brigida fu costretta a
cercare un nuovo alloggio per sé, la figlia e il seguito. Un inviato del
cardinale le comunicò infatti, piuttosto bruscamente, di liberare
l'appartamento nel giro di un mese.
Ecco come sono narrati i fatti nelle Rivelazioni: Quando udì queste parole, si
turbò, poiché aveva presso di sé la sua bella, giovane e nobile figlia, la cui
vista infondeva gioia in ognuno. Temeva di non riuscire a trovare un'abitazione
analoga che le consentisse di tenere alto l'onore suo e di sua figlia. In
lacrime pregò Dio che l'aiutasse. Il Signore però volle mettere alla prova la
sua serva e così le parlò: «Vai e cerca per tutto questo mese, percorri con il
tuo confessore tutta la città per vedere se riuscite a trovare un'altra casa
adatta a voi». Ella ubbidì e per tutto il mese girò con dolore e preoccupazione
per la città insieme al maestro Petrus e al padre spirituale Petrus di
Alvastra; non riuscì però a trovare nessuna casa adatta. Quando sua figlia
Caterina si accorse delle preoccupazioni della madre, si afflisse per il suo
onore e pianse. Due giorni prima della fine del mese fece preparare i bagagli
per lasciare la casa e traslocare in una locanda. Oppressa dal dolore si rivolse
di nuovo al cielo e chiese aiuto piangendo e pregando.
Allora le apparve Cristo e così le parlò: «Tu sei turbata perché non riesci a trovare una casa adatta.
Sappi che io l'ho consentito per la tua salvezza e la tua edificazione,
affinché tu conosca per esperienza la miseria e la sofferenza che i poveri
pellegrini debbono sopportare lontano dalla loro patria, ed impari quindi ad
avere compassione. Sappi anche che non sarai mandata via dalla tua casa, ma
sarai informata da parte del proprietario che potrai rimanervi ancora
temporaneamente ...».
Le cose andarono come il Signore aveva annunciato; inoltre qualche tempo dopo
una vedova romana di nome Francesca Papazzuri, che conosceva bene Brigida e le
era devota, le offrì la propria casa nelle vicinanze di Campo dei Fiori e della
chiesa di San Lorenzo in Damaso. In questa casa, comoda, spaziosa e cinta da un
solido muro, costituita da un edificio principale, da tre case minori e da una
torre, Brigida visse fino alla morte con la figlia e con i sacerdoti che
l'accompagnavano. È la stessa casa che, ampliata e ristrutturata, ospita oggi
le suore brigidine.
Le stanze in cui vissero Brigida e Caterina sono ancora perfettamente conservate. Nella
nuova abitazione Brigida ospitò spesso parenti, amici e pellegrini svedesi, e
anche poveri e ammalati.
Nel 1355 Brigida ebbe la gioia di rivedere anche il figlio Birger, venuto a
Roma per farle visita. Una prova del soggiorno romano di Birger, e insieme una
testimonianza della stima di cui godeva Brigida, è rappresentata da una
lettera datata 14 ottobre 1355 e firmata da papa Innocenzo VI. Poiché Birger si
era trovato in difficoltà finanziarie e non sapeva come affrontare il lungo
viaggio di ritorno, il pontefice - forse sollecitato da Brigida - venne in suo
aiuto e con la lettera sopra citata diede incarico al governatore di Perugia di
fargli versare da una banca romana la somma di quattrocento fiorini d'oro,
«come nostro gentile dono».
Dai pellegrini svedesi che venivano a Roma, Brigida era tenuta al corrente
della situazione politica della sua patria, che ebbe sempre molto a cuore. Da
Roma seguì la decadenza di re Magnus, che all'inizio del 1353 aveva ottenuto in
prestito da papa Innocenzo VI il denaro raccolto in Svezia e Norvegia per
l'obolo di San Pietro. Si trattava di una grossa cifra che il re avrebbe dovuto
restituire a breve scadenza, entro quello stesso anno. Poiché nonostante gli
appelli del papa il denaro non veniva restituito, nel 1358 re Magnus fu
scomunicato. Con grande mancanza di umiltà continuava però a frequentare la
chiesa, benché non ne avesse più il diritto. La scomunica, che aveva addolorato
moltissimo Brigida, fu revocata nel 1360, ad avvenuta restituzione al papa della
somma ricevuta in prestito.
C'erano poi le questioni politiche. Nel 1356 Erik, figlio maggiore di Magnus e
figlioccio di Brigida, si era proclamato re degli svedesi, opponendosi al
padre. Padre e figlio si erano poi riconciliati, ma Erik era morto presto. Re
Magnus aveva anche ceduto al re di Danimarca la Scania, la provincia più
meridionale, più ricca e fiorente della penisola scandinava, e l'isola di
Gotland, conquistate dagli svedesi a caro prezzo. Assai preoccupata per questa
situazione, Brigida decise allora di scrivere una lettera ai nobili svedesi, dei
quali faceva parte anche suo figlio Karl, sollecitandoli a recarsi dal re e
dirgli quanto segue:
Si tratta della salvezza della vostra anima, non c'è persona in Svezia o
all'estero che abbia fama così cattiva come voi. Si dice di voi che abbiate
commercio carnale con persona del vostro sesso, e ciò non pare incredibile
poiché vi sono intorno a voi uomini che voi amate più di Dio, della vostra anima
e di vostra moglie.
Inoltre vi venne interdetto di entrare in chiesa, ma voi
continuate ad ascoltare la santa messa come prima. Terzo e quarto, voi avete
dilapidato i beni e le terre della corona e siete stato un traditore verso la
Scania e quei vostri funzionari e sudditi che hanno servito voi e vostro
figlio, e vorrebbero continuare a servire voi e vostro figlio, rimanere sotto
la corona di Svezia e combattere contro i nemici della Svezia. Costoro li
avete abbandonati in balìa del peggiore dei loro nemici, in modo che non
potranno mai essere sicuri della loro vita e dei loro beni finché egli vivrà.
Se siete disposto a far penitenza dei vostri delitti e peccati e a riconquistare
quello che è perduto, siamo pronti a servirvi.
Se non ve ne sentite capace, cedete la corona al figlio e andatevene. Ovvero, restate nel Paese purché vostro
figlio giuri che si accingerà a riconquistare i territori perduti, che
ascolterà i consigli dei suoi ministri e renderà giustizia al popolo.
Diversamente un altro sarà eletto re al suo posto, perché la mano di Dio pesa
ugualmente sul vecchio come sul giovane e può fare scacciare l'uno e l'altro.
La lettera di Brigida arrivò in Svezia nel 1365. Poco tempo dopo apparve il
Libellus de Magno Erici Rege, uno scritto polemico della nobiltà svedese contro
re Magnus certamente influenzato dalla missiva della veggente: vi si ritrovano
sia le accuse politiche sia quelle di omosessualità e di partecipazione alla
messa nonostante la scomunica.
Un altro elemento a favore del sostegno dato da Brigida all'opposizione
aristocratica contro re Magnus è il seguente: l'esercito di Alberto di
Meclemburgo, invitato dai nobili, che batté e fece prigioniero re Magnus nella
battaglia di Gata, era comandato da Karl Ulfsson Sparre, parente di Brigida in
quanto marito di Elena, figlia di suo fratello Israel. Nel 1369, quando Karl e
Birger raggiunsero la madre Brigida a Roma per accompagnarla nel viaggio in
Terra Santa, re Magnus era ancora prigioniero nella torre del castello di
Stoccolma. Fu liberato solo nel 1371, ma dovette rinunciare alla corona di
Svezia per sé e per suo figlio.
Brigida e il suo sposo Ulf facevano parte del Terzo ordine francescano; è quindi
ben comprensibile che, giunta in Italia, la futura santa desiderasse con tutto
il cuore visitare la tomba di san Francesco ad Assisi. Per mettersi in viaggio
attese però, come sempre, di ricevere indicazioni dal cielo.
E le indicazioni arrivarono. Il 4 ottobre 1351, festa di San Francesco, Brigida
stava pregando nella chiesa a lui dedicata, San Francesco a Ripa in Trastevere,
quando le apparve il poverello di Assisi che le disse: «Vieni nella mia cella,
per mangiare e bere con me».
Il viaggio fu realizzato nell'estate successiva in compagnia di Caterina e di
altre persone, tra cui la nobile signora romana Francesca Papazzuri che in
seguito le offrì la sua casa. Come leggiamo negli Atti processuali, il lungo
tragitto fu percorso interamente a piedi. A Santa Maria degli Angeli, a pochi
chilometri da Assisi, i pellegrini visitarono la cappella della Porziuncola, un
semplice oratorio del X secolo ricostruito da san Francesco. Oggi la
Porziuncola si trova sotto la cupola della grande basilica rinascimentale
eretta tra il XVI e il XVII secolo. Ai tempi di santa Brigida però l'oratorio
era come ai tempi del poverello di Assisi. f 1 pellegrini si recarono poi alla
chiesa di San Francesco, progettata da frate Elia, architetto dell'ordine; lo
splendido complesso, iniziato nel 1228, due anni dopo la morte del santo e
consacrato nel 1253, consta di due chiese sovrapposte, la basilica superiore e
quella inferiore. Nella prima Brigida e i suoi accompagnatori ebbero certamente
modo di ammirare il celebre ciclo di affreschi di Giotto, dipinto tra la fine
del XIII secolo e l'inizio del XIV, dove in ventotto riquadri è descritta la
vita del santo. La tomba di san Francesco è custodita invece fin dal 1230 nella
basilica inferiore, e fu qui che Brigida si trattenne a lungo.
Mentre pregava le apparve il santo che le disse:
Sii benvenuta! Ti ho invitata nella mia cella per mangiare e bere con me. Tu
però devi sapere che questa casa non è la cella della quale ti ho parlato. La
cella che intendevo è piuttosto la vera obbedienza che io ho sempre osservato,
così che io non ho mai voluto stare senza una guida spirituale; per questo ho
sempre avuto presso di me un sacerdote al quale ho sempre umilmente ubbidito.
Questa era la mia cella. Comportati anche tu in questo modo, perché ciò è
gradito a Dio. Il cibo di cui con gran gioia mi sono nutrito era questo: ho
allontanato il mio prossimo dalle vanità della vita mondana, perché potesse
servire Dio con tutto il cuore. Questa gioia era per me come un dolcissimo
cibo. La mia bevanda era la gioia che provavo quando mi accorgevo che le persone
che avevo convertito cominciavano ad amare Dio con tutte le loro forze, a
vivere in povertà e a dedicarsi alla preghiera. Vedi, figlia mia, questa bevanda
allietava tanto la mia anima che tutto ciò che è mondano mi ripugnava. Vai
dunque in questa mia cella, mangia questo mio cibo e bevi questa bevanda con me,
affinché tu possa essere saziata in eterno da Dio.
Il pellegrinaggio ad Assisi non fu certo l'unico di Brigida in Italia: ce ne
furono molti altri, soprattutto nel Sud della penisola. Nell'estate del 1366
Brigida si recò a Ortona, poco a sud di Pescara sul litorale adriatico (oggi in
provincia di Chieti), nella cui cattedrale sono custodite fin dal 1258 le
reliquie dell'apostolo Tommaso, qui trasferite da Edessa. A quanto risulta,
questo pellegrinaggio fu ispirato dal vescovo svedese Thomas di Vàxjò, che si
era recato a Roma per impegni inerenti al suo ufficio ed era ospite in casa di
Brigida. Insieme a Caterina, ai due Petrus e al sacerdote svedese Magnus
Pederson, il vescovo Thomas accompagnò Brigida in questo e in altri
pellegrinaggi.
Da Ortona i pellegrini svedesi raggiunsero il monte Gargano nelle Puglie e
visitarono il santuario di Monte Sant'Angelo (Foggia), famoso per le apparizioni
dell'arcangelo Michele. In base alla tradizione, l'arcangelo apparve la prima
volta nel 490 al vescovo di Siponto quando nella zona era ancora vivo il culto
pagano, e disse che l'immensa grotta divenuta poi santuario era sacra a lui e
doveva quindi essergli dedicata. Soltanto alla terza apparizione il vescovo
fece quanto richiesto. Quattro secoli dopo l'arcangelo apparve all'imperatore
tedesco Enrico detto il Santo, che aveva voluto trascorrere una notte da solo
nella grotta.
Dal Gargano la piccola comitiva raggiunse Bari, nel cui splendido duomo romanico
riposano le spoglie di san Nicola, vescovo di Myra in Asia Minore, morto verso
la metà del IV secolo e sepolto nella sua città. Nel 1087 il corpo del santo era
stato rapito dai pirati e portato a Bari, dove era stato accolto con immenso
entusiasmo e venerazione. Mentre pregava nella cripta davanti alla tomba,
Brigida ebbe la visione di san Nicola che, fra le altre cose, le disse:
Sappi che come la rosa produce profumo e il grappolo d'uva un dolce succo, così
il mio corpo ha ricevuto dal Signore la particolare benedizione di trasudare
olio. Egli infatti onora i Suoi eletti non solo in cielo, ma anche sulla terra,
affinché molte persone ne siano edificate e partecipino alla grazia concessa ai
santi.
È evidente il riferimento a quella che viene chiamata «manna di san Nicola»,
che cominciò a trasudare dalle ossa del santo dopo la sua morte. Il fenomeno,
testimoniato fin dall'antichità, continua ancora oggi. Alla manna sono
attribuite proprietà terapeutiche.
Da Bari i pellegrini raggiunsero Benevento, per onorare le reliquie di san
Bartolomeo che riposano nella chiesa a lui dedicata fin dall'838; e infine
Salerno, dove nella cripta del duomo riposano le spoglie dell'evangelista
Matteo. In ognuno di questi luoghi Brigida, come si legge nelle Rivelazioni,
ebbe visioni e locuzioni interiori.
Era ormai giunto l'autunno e Brigida, seguendo l'indicazione del Signore, si
diresse verso Napoli per trascorrervi le feste natalizie. A Nola si unì al
gruppo il conte Nicola Orsini: a Roma Brigida era stata in rapporti di
familiarità con la famiglia Orsini e aveva conosciuto il giovane Nicola. A
Napoli, attraverso le sue conoscenze, il conte aprì a Brigida le porte della
corte della regina Giovanna.
Con i suoi accompagnatori Brigida prese alloggio all'albergo dei Cavalieri di
Malta, vicino alla chiesa di San Giovanni al Mare. Invece di qualche settimana,
Brigida rimase a Napoli due anni, dal luglio 1365 all'ottobre 1367, perché
incaricata dal Signore di svolgervi compiti importanti.
A Napoli regnava la regina Giovanna, donna molto bella e molto discussa per la
sua condotta spregiudicata. Dopo i Vespri Siciliani del 1281, il regno delle
Due Sicilie era stato diviso fra la famiglia d'Aragona, in Sicilia, e gli Angiò
a Napoli. Durante tutto il XIV secolo i due Stati furono in guerra; il papa
appoggiava Napoli contro l'usurpatore spagnolo. Discendente per parte materna
dai conti di Provenza, Giovanna era salita al trono nel 1343. Il suo matrimonio
con Andrea d'Ungheria si era rivelato infelice. Gli sposi erano mal assortiti:
colta e gioiosa lei, rozzo e grossolano lui. Nel 1345, nel palazzo di Aversa
dove i sovrani trascorrevano l'autunno, Andrea fu assalito e strangolato da
assassini che restarono ignoti. Tutti sapevano che tra gli sposi non correva
buon sangue e sospettarono di Giovanna.
Nel 1347, a vent'anni, Giovanna sposò suo cugino Ludovico di Taranto, senza
curarsi di chiedere la dispensa papale necessaria a causa della stretta
parentela; nel gennaio dell'anno successivo Ludovico di Ungheria varcò le Alpi
per vendicare il fratello Andrea. Al suo arrivo a Napoli Giovanna però si era
già imbarcata per la nativa Provenza, per recarsi ad Avignone dal papa. A quel
tempo Brigida viveva ancora in Svezia, ma la fama di Giovanna era diffusa in
tutta Europa.
Intanto a Napoli i baroni insorsero contro l'invasore ungherese e riuscirono a
cacciarlo nel giugno 1348. Giovanna tornò salutata con giubilo da quello stesso
popolo che poco tempo prima l'aveva accusata dell'omicidio del marito. Rientrata
a Napoli, la regina dovette affrontare molti problemi, come la peste nera, che
falcidiò tutta Europa e mieté centinaia di vittime, così che non fu possibile
imporre tasse; ci fu poi il terribile terremoto che nel 1349 colpì il regno
devastando varie città tra cui l'Aquila, Aversa, Ascoli e Montecassino, dove
crollò il monastero benedettino. Anche a Napoli rovinarono molti edifici, tra
cui il campanile della cattedrale.
Intanto nel Paese regnava la più grande confusione a causa delle bande di
mercenari di Ludovico d'Ungheria, condotte da capitani di ventura che
saccheggiavano, uccidevano e mettevano ogni cosa a ferro e fuoco. Questa
situazione durò fino al 1352, quando finalmente si giunse alla pace col re di
Ungheria; Giovanna e Ludovico di Taranto furono incoronati con una festa
grandiosa alla quale parteciparono tutti i signori della penisola.
Gradualmente nel regno di Napoli tornò la pace.
Quando Brigida arrivò a Napoli, Giovanna si era sposata per la terza volta con
Giacomo di Maiorca. Nicola Orsini, conte di Nola, introdusse Brigida nel gran
mondo napoletano. Una conoscenza importante per lei fu quella con la baronessa
Lapa Buondelmonti, sorella del gran siniscalco di Napoli Niccolò Acciaiuoli.
L'amicizia fra le due donne si approfondì per una guarigione miracolosa
attribuita a Brigida. Negli Atti del processo si legge infatti che il figlio di
Lapa, Esaù, di dieci anni, era gravemente ammalato di tubercolosi e che i
medici non nutrivano più speranza di salvarlo. Chiamata al suo capezzale,
Brigida toccò il piccolo, che subito guarì.
Sembra certo che Brigida e il suo seguito, dopo essere rimasti per qualche
tempo nell'ospizio dei Cavalieri di Malta, si trasferissero nel palazzo di Lapa
per il resto del soggiorno a Napoli. Probabilmente i pellegrini svedesi non
avevano i mezzi per sostenersi due anni in albergo e l'ospitalità offerta
risultò preziosa.
A Napoli la situazione non era molto diversa da quella di Roma e Brigida
constatò subito una grave decadenza morale. Lo esprime molto chiaramente una
rivelazione nella quale la Vergine le parla di due dei gravi peccati della
città:
Il primo peccato consiste nel fatto che molti in questa città comprano pagani e
infedeli per farne dei servitori e alcuni di questi signori non si preoccupano
di farli battezzare o di convertirli alla fede cristiana. Anche se alcuni di
loro vengono battezzati, i loro padroni non si curano poi di farli educare
nella fede cristiana. Inoltre alcuni tengono le loro serve o schiave in tale
miseria e ignoranza come fossero cani, le vendono e - peggio ancora - le
inviano spesso nei bordelli per guadagnare denaro in maniera vergognosa e
obbrobriosa. Alcuni le tengono nelle loro case come concubine per sé o per
altri. Vi sono poi altri padroni che torturano e tormentano i loro schiavi con
parole ingiuriose, al punto che alcuni di essi cadono nella disperazione e
desiderano togliersi la vita.
Il secondo peccato è quello dei cattivi indovini, veggenti e repugnanti streghe,
che prosperano nella città. Si ricorre ai loro esorcismi e alle loro
stregonerie per ottenere favori d'amore e fertilità, per guarire le malattie o
per scrutare il futuro.
Particolarmente la regina Giovanna, famosa per i suoi troppo liberi costumi, è
oggetto delle cure di Brigida, che fu incaricata dal Signore di inviarle questi
ammonimenti:
Scrivile che: primo, ella deve fare una confessione coscienziosa di tutto ciò
che ha fatto fin dalla giovinezza e prendere la ferma risoluzione di
migliorarsi seguendo i consigli del confessore; secondo, deve riflettere
attentamente in che modo si è comportata nel suo matrimonio e nella sua attività
di regnante, perché un giorno dovrà rendere conto di tutto a me; terzo, deve
avere la volontà di pagare i suoi debiti e di restituire ciò che ha acquisito
arbitrariamente, perché finché si trattengono beni acquisiti ingiustamente
l'anima è in grave pericolo; non serve fare molte elemosine se non si paga
quello che si deve pagare; quarto, la regina non deve gravare la sua gente con
nuove tasse, ma anzi alleggerire quelle esistenti, perché Dio ascolterà i
lamenti di coloro che ella avrà rapinato;
quinto, deve tenere consiglieri
giusti, amanti della verità e non soggetti ai partiti, che non pensino al
personale arricchimento ma si accontentino del necessario; sesto, deve
quotidianamente ricordarsi in certe ore del giorno delle ferite e delle
sofferenze di Cristo, per ridestare in questo modo nel suo cuore l'amore per
Dio; in determinati tempi deve invitare i poveri, lavare loro i piedi e
nutrirli; settimo, deve sentire un amore sincero per i suoi sudditi e consolare
coloro che sono stati ingiustamente offesi; ottavo, deve distribuire i suoi
doni con intelligenza, senza arricchire alcuni e opprimere altri; nono, nel
punire i colpevoli non deve badare tanto al denaro che potrà ricavarne quanto
alla giustizia; e dove vede pentimento e umiltà, deve mostrare maggior
misericordia; decimo, finché vive deve fare in modo che nel suo regno ci sia
pace, poiché io le annuncio che non avrà eredi naturali; undicesimo, deve
accontentarsi dei colori naturali e della naturale bellezza del volto di cui
Dio l'ha ornata, perché i colori artificiali non piacciono a Dio;
dodicesimo, con grande umiltà e pentimento deve meditare sui suoi peccati, perché davanti
ai miei occhi ella è una corruttrice di molte anime, una capricciosa
devastatrice dei beni che le ho donato, un motivo di preoccupazione per i miei
amici; tredicesimo, deve nutrire in cuore un timore costante, perché per tutta
la sua vita è vissuta più come una donnaccia che come una regina;
quattordicesimo, deve rinunciare a tutte le abitudini mondane, allontanare le
adulatrici e trascorrere il tempo che le resta, che sarà breve, in onore mio,
perché finora mi ha considerato una persona che non tiene conto dei suoi
peccati. Se non mi ascolta, la tratterò non come una regina ma come un'ingrata
e la fustigherò dalla testa ai piedi.
A quanto risulta, durante la permanenza di Brigida a Napoli la regina corresse
almeno in parte il suo comportamento, ma dopo la partenza della veggente riprese
purtroppo il suo abituale modo di vivere.
A Napoli Brigida esercitò molte opere di misericordia, visitò chiese e santuari
e nel novembre 1366 si recò ad Amalfi a venerare le reliquie dell'apostolo
Andrea: questo fu l'ultimo dei pellegrinaggi italiani. Poi tornò a Napoli e vi
rimase fino all'estate del 1367.
Il 16 ottobre di quell'anno era certamente di nuovo Ì= a Roma per assistere al
ritorno di papa Urbano V.
Lasciata Avignone, Urbano V era partito da Marsiglia nel maggio 1367 ed era
sbarcato a Corneto, il porto più vicino a Viterbo, il 9 giugno, accolto da
grande entusiasmo. A Viterbo il pontefice trascorse l'estate. Il 16 ottobre,
scortato da un imponente corteo guidato da Nicola d'Este marchese di Ferrara,
Urbano V fece il suo ingresso a Roma, dove da sessant'anni nessun papa aveva
più messo piede. Anche a Roma l'entusiasmo era alle stelle e certamente Brigida
e sua figlia Caterina erano tra la folla accorsa ad applaudire il pontefice.
Le sedi papali erano all'epoca assai trascurate: il palazzo del Laterano era
stato gravemente danneggiato nel 1360 da un incendio e non era mai stato
restaurato; il Vaticano e Castel Sant'Angelo erano anch'essi bisognosi di
ristrutturazioni. Il papa avviò subito i lavori e diede immediatamente inizio
alla sua attività politica ricevendo molti regnanti, tra cui il re di Cipro e
la regina Giovanna di Napoli.
L'estate successiva fu trascorsa nella residenza estiva di Montefiascone, sul
lago di Bolsena, e nell'autunno dello stesso anno Urbano V si recò a Viterbo
per incontrarsi con l'imperatore Carlo IV e rientrare con lui a Roma, cosa che
avvenne nell'entusiasmo generale. Il 21 ottobre l'imperatore scortò il papa
fino in San Pietro reggendo le redini del suo cavallo. In quell'occasione il
pontefice incoronò imperatrice la quarta moglie di Carlo IV, Elisabetta di
Pomerania. Brigida vide così papa e imperatore insieme a Roma, come molti anni
prima le era stato preconizzato: «Vai a Roma e restaci finché non vedrai il papa
e l'imperatore». L'avverarsi di questa profezia accrebbe il prestigio di
Brigida. Ritenendo il vaticinio impossibile, molti infatti non le prestavano
fede o addirittura la deridevano; ma poi, come testimonia la figlia Caterina
negli Atti del processo, dopo che papa e imperatore furono entrati insieme a
Roma, l'ebbero in maggiore stima e onore.
Questi sviluppi positivi fecero sperare a Brigida che fosse venuto il momento di
far approvare la sua Regola. Nel 1369 andò a Montefiascone, dove il papa
trascorreva l'estate, e vi rimase tre mesi. La veggente svedese desiderava anche
che alla sua chiesa di Vadstena fossero concesse le stesse indulgenze di cui
godeva la chiesa romana di San Pietro in Vincoli, dove sono custodite le catene
dell'apostolo. Un tale privilegio sarebbe stato molto prestigioso per il
monastero, in quanto avrebbe contribuito in maniera determinante alla sua fama
di luogo di pellegrinaggio.
Il papa mostrò a Brigida grande attenzione e rispetto, ma l'approvazione
dell'ordine incontrava in lui una certa resistenza. I problemi da risolvere
erano molti: il latino nel quale la Regola era stata scritta risultava duro e
antiquato, assai diverso da quello colto e raffinato in uso alla corte papale,
col quale i confessori di Brigida non avevano dimestichezza. In questo Brigida
ebbe l'aiuto prezioso di Nicola Orsini, che si offrì di curare una versione
migliore della traduzione. Orsini, che era in quegli anni governatore papale a
Perugia e aveva libero accesso presso il pontefice, provvide personalmente a
consegnare al papa la Regola dopo la revisione del testo.
Quanto ai contenuti, una difficoltà era rappresentata dalla natura stessa del
monastero, pensato per uomini e donne, cosa non più prevista ormai da
moltissimo tempo. Fu inoltre fatto presente che gli ordini già esistenti erano
tanti e che non si avvertiva quindi la necessità di una nuova istituzione,
esistendo tra l'altro un divieto in questo senso sancito, come s'è detto, dal
concilio Laterano del 1215 e confermato dal concilio di Lione del 1274.
Ma Brigida non si arrese: sapeva che il Signore stesso voleva che l'ordine
fosse approvato e si rivolse direttamente all'imperatore, che si trattenne a
Roma sino alla fine del 1369; a lui indirizzò una lettera dettata dal suo
sposo celeste nella quale si legge:
Tu che detieni la dignità imperiale, sappi che io, creatore di tutte le cose, ho
dettato una Regola in onore della mia amatissima madre e l'ho data alla donna
che ti scrive. Leggila dunque attentamente e fa' sì che questa regola dettata
dalle mie labbra sia approvata anche fra gli uomini ad opera del papa, che è il
mio vicario in terra, dopo che io l'ho approvata davanti alla moltitudine
celeste.
Come si può constatare, Brigida non lasciava nulla di intentato per raggiungere
gli scopi che si era prefissata. Nell'estate del 1369 Brigida ebbe una grande
gioia: rivide i figli Karl e Birger, che erano venuti a Roma per incontrarla. Ne
approfittò per presentarli al papa.
Desiderando mostrare ai figli alcune delle bellezze d'Italia, ottenne dal papa
un particolare lasciapassare e nell'autunno intraprese con loro il
pellegrinaggio a Monte Sant'Angelo nel Gargano e a Bari. Dopo il viaggio Karl e
Birger tornarono in Svezia.
Al pellegrinaggio partecipò anche un uomo che divenne il migliore e più valido
amico e collaboratore di Brigida nei suoi ultimi anni: lo spagnolo Alfonso Pecha
de Vadaterra, che era stato vescovo di Jaén in Andalusia e aveva poi rinunciato
al suo alto incarico per entrare nell'ordine degli eremiti di san Girolamo (i
girolamiti). Venuto in Italia dopo l'invasione dei mori della sua diocesi
spagnola, aveva trascorso un certo periodo nella sede del suo ordine a
Monteluco, presso Spoleto. Qui aveva sentito parlare di Brigida, aveva
desiderato incontrarla, si era recato a Roma e, come lui stesso raccontò nella
sua deposizione al processo, l'aveva cercata finché non l'aveva trovata. Da
allora le rimase accanto divenendo suo confessore, consigliere, ordinatore
delle Rivelazioni e, dopo la sua morte, promotore della causa di canonizzazione.
Alfonso era nato nel 1329 o nel 1330 e mori nel 1388. La sua presenza accanto a
Brigida si rivelò provvidenziale, anche perché in quegli anni i due Petrus
furono soggetti a varie infermità che impedirono loro per esempio di unirsi alla
futura santa e ai suoi figli nel loro pellegrinaggio.
Dobbiamo al vescovo Alfonso una preziosa testimonianza sul carattere e il
comportamento di Brigida e sul suo atteggiamento verso i sacerdoti che
facevano parte della sua famiglia:
Aveva massima obbedienza verso i suoi padri spirituali, al punto da mortificare
la propria volontà, perché ogni cosa che faceva era sottomessa al consenso dei
predetti padri; non usciva di casa se non con il loro consenso e quando andava
per Roma a visitare i santuari era sempre in loro compagnia; e neppure osava
alzare gli occhi da terra se non dopo aver chiesto e ottenuto licenza di farlo.
Anche tutte le attività della giornata, la suddivisione del tempo, il silenzio
e la preghiera erano sottoposte al giudizio dei padri spirituali, come pure le
visioni divine che riceveva quando pregava.
Dell'obbedienza ai padri spirituali rende buona testimonianza anche la figlia
Caterina: «Per obbedienza ai suoi padri spirituali dormiva senza materasso, e
questo durò fino a poco tempo prima della morte, quando ormai era affetta da
molte infermità»'. La donna forte, capace di rivolgersi con autorità a papi e
imperatori per indicare loro il volere di Dio, era in realtà umilissima,
devota ai padri spirituali e disposta a rinunciare alla propria volontà in nome
dell'obbedienza.
Il vescovo Alfonso svolse un prezioso lavoro per la revisione delle Rivelazioni,
compito che gli fu affidato dal Signore stesso. Fu infatti dettato a Brigida:
Devi consegnare al mio vescovo eremita tutti i libri delle Rivelazioni con
queste mie parole, affinché possano essere tradotti in molte lingue; lui dovrà
spiegare, illustrare e custodire il senso cattolico del mio spirito. Così come
il tuo cuore non è sempre in grado di esprimere con sufficiente calore e
trascrivere ciò che ti viene comunicato, ma lo ponderi nella tua mente, e poi
lo scrivi e lo riscrivi fino a trovare il corretto significato delle mie
parole, allo stesso modo il mio spirito si levò e discese tra gli evangelisti e
i maestri, che a volte produssero qualcosa che dovette essere corretto, a volte
qualcosa che dovette essere nuovamente trattato, altre volte ancora furono
biasimati e dovettero intervenire altri per meglio esprimere le parole che
avevano usato.
E tuttavia fu sempre il mio spirito a infondere a tutti i miei
evangelisti le parole che essi pronunciarono e scrissero. Dì allora all'eremita
che deve eseguire e portare a termine il lavoro dell'evangelista'.
Alfonso di Jaén curò la redazione definitiva delle Rivelazioni e la loro
suddivisione in otto libri. Nell'estate del 1370 Brigida era di nuovo a
Montefiascone e fu ricevuta dal papa insieme ad Alfonso e a Nicola Orsini. Il
risultato ottenuto fu per Brigida di parziale soddisfazione: la sua Regula
Sanctissimi Salvatoris fu approvata, ma solo come appendice della Regola
agostiniana che il monastero di Vadstena avrebbe dovuto seguire. Del privilegio
di indulgenza richiesto per il monastero non si faceva alcuna menzione'. Era
invece concessa licenza per la costruzione di un monastero per le monache con
annesso quello per i monaci.
La bolla papale, datata S agosto 1370, era indirizzata all'arcivescovo di Uppsala e ad altri tre vescovi svedesi.
Motivo di grande dispiacere per Brigida fu rendersi conto, durante il soggiorno
a Montefiascone, che il papa non aveva nessuna intenzione di ritornare a Ro-
ma, ma - cedendo alle pressioni dei vescovi francesi -stava anzi programmando di
trasferirsi di nuovo ad Avignone. Fece allora avere a Urbano V una lettera
ispirata dalla Vergine in cui gli si diceva: «Se riuscirà a tornare in patria,
riceverà un colpo tale da fargli battere i denti; la sua vista si oscurerà e
tutte le sue membra tremeranno... Gli amici di Dio non lo ricorderanno più
nelle loro preghiere ed egli dovrà rendere conto a Dio di tutto quello che ha
fatto e omesso»6. Urbano V non ne tenne conto. A metà settembre di quello stesso
anno era già in Francia e il 19 dicembre improvvisamente morì.
A tornare definitivamente a Roma fu il suo successore Gregorio XI nel 1377: ma
Brigida non poté accoglierlo come aveva fatto con Urbano V, perché era già
morta da quattro anni. A prendere il testimone e convincere definitivamente il
papa a tornare a Roma era stata un'altra grande santa: Caterina da Siena.
Il 30 dicembre, dopo un solo giorno di conclave, fu eletto papa il cardinale
Pierre Roger de Beaufort, che scelse il nome di Gregorio XI. Il neoeletto aveva
quarantadue anni ed era nipote di Clemente VI, che l'aveva innalzato alla
porpora cardinalizia appena diciottenne. Gregorio XI aveva studiato a Perugia
ed era un insigne giurista; come uomo, era devoto, sensibile e intuitivo; come
politico, sapeva bene che il ritorno del papato a Roma costituiva ormai
un'esigenza improrogabile.
Brigida si rallegrò della sua elezione a papa, anche perché l'aveva conosciuto
di persona quando era cardinale: si era infatti rivolta a lui per far
recapitare a Urbano V la lettera con cui gli annunciava una rapida morte se
fosse tornato ad Avignone.
Fiduciosa che Gregorio XI avrebbe riportato il papato a Roma, già nel gennaio
1371, pochi giorni dopo la sua elezione a pontefice, Brigida gli inviò la
rivelazione ispiratale per lui dalla Vergine Maria; a recapitarla fu il suo
devoto amico Latino Orsini.
Ecco il testo della lettera:
Io sono colei che ha generato il figlio di Dio. Dopo averti affidato alcune
parole che dovevano essere comunicate a papa Urbano V, ora di nuovo ti dico
alcune parole da trasmettere a papa Gregorio XI. Ma affinché queste parole
siano meglio comprese, voglio fare un paragone: una madre amorevole vede il suo
amatissimo bambino giacere nudo e tremante di freddo sul pavimento e si accorge
che il piccino non ha la forza per alzarsi e piange miserevolmente per il
desiderio delle carezze e del latte materno. Allora la madre si commuove e
piena d'amore per il suo bambino corre rapida verso di lui, lo solleva, lo
accoglie fra le sue braccia, lo riscalda col calore del suo seno materno e lo
nutre dolcemente col suo latte. Allo stesso modo io, madre di misericordia,
voglio comportarmi con papa Gregorio XI, se tornerà in Italia e a Roma con
l'intenzione di rimanervi e se avrà la ferma volontà di porre rimedio alla
miseria delle pecorelle a lui affidate e se si dedicherà con umiltà e amore a
riportare la Chiesa ad una nuova condizione.
Allora io, madre veramente amorevole, lo solleverò da terra come un bambino nudo e tremante di freddo,
cioè libererò lui e il suo cuore da ogni desiderio e attaccamento terreno
contrario a Dio, e lo riscalderò col calore materno dell'amore che è nel mio
petto. Lo nutrirò poi col mio latte, cioè con la mia preghiera... Ecco, io gli
ho rivelato il mio amore materno, quello che gli dimostrerò se ubbidisce; poiché
è volontà di Dio che egli riporti umilmente la sua sede a Roma. Affinché però
il papa, nel caso che non obbedisca, voglia scusarsi col motivo
dell'insicurezza, annunciagli con materno amore che cosa ne conseguirà: dovrà
subire l'ira di Dio, mio figlio, la sua vita sarà abbreviata e sarà chiamato
davanti al tribunale di Dio. Allora nessuna potenza terrena potrà aiutarlo.
Anche la sapienza e la scienza dei medici non potrà giovargli e neppure l'aria
del suo paese natale gli sarà benefica per allungare la sua vita anche di
poco...
A quanto risulta, papa Gregorio XI fu molto colpito da questa rivelazione, che
certamente contribuì a farlo orientare sempre più verso il progetto di lasciare
Avignone. Brigida aveva fatto quanto poteva per indurre il pontefice a riportare
la sede papale a Roma. Ora non restava che attendere. Intanto però era venuto
il tempo di riprendere il bastone del viandante e affrontare il più lungo,
impegnativo e agognato dei suoi pellegrinaggi: quello in Terra Santa.
Il pellegrinaggio nella terra di Gesù era stato già più volte preannunciato alla
veggente: la prima volta ad Alvastra, mentre assisteva il marito ammalato, la
seconda volta a Roma, subito dopo l'anno giubilare 1350, nell'abitazione
romana. In quell'occasione le era apparsa la Vergine che le aveva detto: «Andrai
pellegrina nella città santa di Gerusalemme, quando piacerà a mio figlio.
Andrai allora anche a Betlemme. Là ti spiegherò dettagliatamente come ho
generato mio figlio Gesù Cristo, poiché egli così ha voluto».
Erano passati più di vent'anni da allora e dallo sposo celeste non era arrivata
nessuna indicazione sul viaggio in Terra Santa. Il 25 maggio 1371 Brigida però
ne udì la voce: «Preparatevi ad andare pellegrini a Gerusalemme per visitare la
mia tomba e altri luoghi sacri che si trovano là. Appena ve lo dirò, lasciate
Roma».
Brigida si spaventò, temendo di non riuscire a fare quanto il Signore le
chiedeva: non era più giovane, si sentiva debole e ammalata, aveva mezzi
economici limitati. Ma una nuova rivelazione dissipò i suoi dubbi e le fece
superare ogni preoccupazione:
Partite adesso da Roma e andate a Gerusalemme. Perché temi per la tua età? lo
sono il creatore della natura. lo posso rendere la natura debole o forte, così
come mi piace. lo sarò con voi, raddrizzerò il vostro cammino, vi guiderò e vi
ricondurrò a Roma. Vi provvederò anche dei mezzi necessari più abbondantemente
di quanto abbiate avuto finora.
Brigida fece i preparativi. Con lei si mettevano in viaggio tre dei suoi figli:
oltre a Caterina, c'erano anche Karl e Birger, venuti appositamente dalla
Svezia per accompagnarla. Poi i due Petrus, il vescovo Alfonso e due cappellani
svedesi. La partenza avvenne il 25 novembre 1371. In precedenza, come
testimoniò Caterina, era stato comunicato alla santa che sarebbero ritornati
tutti tranne uno.
La prima meta fu Napoli, dove Brigida e il suo seguito furono accolti con
grandi onori dalla regina Giovanna. Qui trascorsero il Natale, in attesa del
vento favorevole per prendere il mare. A fine
febbraio peraltro Karl si ammalò, forse di cuore, e il 12 marzo 1372 morì. La
regina pianse il suo cavaliere e partecipò con tutta la corte alle solenni
esequie nella chiesa di Santa Croce.
Le testimonianze di Caterina e del vescovo Alfonso ci permettono di conoscere
quale fu l'atteggiamento di Brigida: «Mentre la regina e molti piangevano, lei
non pianse mai, ma raccomandava l'anima del figlio a Dio», raccontò la figlia'.
E Alfonso:
Ella sedeva a otto, dieci passi dal figlio, e quando lui rese l'anima a Dio non
disse nulla né pianse, ma alzate le mani benedisse e ringraziò il Signore,
conformandosi umilmente alla volontà divina. Non pianse neppure al solenne
funerale, come piansero la regina ed altri, ma disse: «Vai, figlio mio,
pellegrino benedetto da Dio e da me» (Vade, fili mi, peregrine benedicte a Deo
et a me). E poiché molti mormoravano e la criticavano, lei rispose: «Non
m'importa che dicano male di me, poiché faccio la volontà di Dio» (Ego non curo,
quid dicunt malum de me, dum tamen ego faciam voluntatem Dei).
Il giorno stesso delle esequie di Karl, il 14 marzo, la nave dei pellegrini
salpò da Napoli e in cinque giorni, dopo una tempestosa traversata, giunse a
Messina.
Ripartiti dopo una settimana, Brigida e i suoi accompagnatori
giunsero a Cipro il 14 aprile. Il viaggio, come raccontò in seguito il vescovo
Alfonso, non fu esente da pericoli e sia i marinai sia i passeggeri erano
spaventati. Brigida però restava «paziente e serena» e alzava le mani al cielo
ringraziando Dio. E poiché le chiedevano come mai lo ringraziasse, lei rispose
che lo ringraziava perché permetteva che avessero quelle tribolazioni.
A Cipro i pellegrini fecero una sosta di due setti-. mane. Appena giunta
nell'isola, Brigida prese contatto con la regina Eleonora, figlia di Pietro
d'Aragona e vedova di Pietro 1 di Lusignano, che era stato assassinato nel 1368
dai suoi cugini. La situazione politica era molto inquieta, anche a causa dei
veneziani e dei genovesi che con i loro commerci avevano molto potere ed erano
oggetto di timore e sfiducia. A quanto sembra, Eleonora aveva in animo di
tornare in Spagna. Ella conosceva la fama di Brigida: l'accolse quindi con onore
e le confidò le sue preoccupazioni.
Brigida prese a cuore le vicende del regno di Cipro e, in seguito a una
rivelazione del suo celeste sposo, consigliò alla regina di non lasciare
l'isola, di non risposarsi, di non cercare di vendicare l'assassinio di suo
marito ma di restare accanto a suo figlio Pietro, che di lì a poco sarebbe stato
incoronato re (di ritorno dalla Terra Santa Brigida fu presente
all'incoronazione), e di consigliarlo per il meglio. Da Gesù ricevette anche
una rivelazione destinata al giovane sovrano, nella quale si legge:
È un grande impegno essere re; è un grande onore, ma anche una preoccupante
responsabilità. Per questo è opportuno che il re sia un uomo maturo, esperto,
prudente, giusto e laborioso, più attento al bene dei suoi sudditi che
all'imposizione della propria volontà. Per questo fin dai tempi più antichi i
regni venivano governati bene se veniva scelto un sovrano capace di governare
con giustizia e desideroso di farlo.
Adesso però i regni non sono più regni, ma
giochi da bambini, oggetto di follia e di rapina. Guai al regno il cui re è un
bambino che conduce una vita sciocca, si circonda di adulatori e non si
preoccupa del progresso della comunità. Dato però che questo fanciullo non porta
in sé l'ingiustizia di suo padre, se vuole progredire e tenere alto l'onore del
suo nome deve ubbidire alle parole che gli rivolgo per il bene di Cipro: non
deve imitare lo stile di vita dei suoi predecessori, deve abbandonare la
leggerezza dell'adolescenza, deve comportarsi da vero sovrano e scegliere
consiglieri che amino più la sua anima e il suo onore che i suoi doni; deve
odiare gli adulatori e non aver paura di dire la verità e di seguirla.
Altrimenti questo giovane non avrà gioia dal suo popolo e il suo popolo non
avrà gioia da questo giovane destinato ad essere re.
Appena le condizioni del mare lo consentirono, Brigida e il suo seguito si
rimisero in viaggio per la Terra Santa; al gruppo dei pellegrini si unì il
confessore della regina Eleonora, il francescano Martino d'Aragona, che fin
dall'arrivo della santa a Cipro le aveva dimostrato grande venerazione. La
traversata fu burrascosa e la maggior parte dei bagagli andò perduta.
Particolarmente difficile fu l'ultimo tratto: quando erano ormai in vista di
Gerusalemme, la nave fu sul punto di naufragare. Ma Brigida tranquillizzò tutti
con queste parole: «Non temete, perché in questo naufragio nessuno di questa
nave morirà». E così fu.
Finalmente i pellegrini poterono baciare il suolo della terra di Gesù. Sbarcati
a Giaffa all'inizio di maggio, il 13 dello stesso mese Brigida e i suoi
accompagnatori arrivarono a Gerusalemme e presero alloggio all'albergo dei
Pellegrini. Il programma della santa prevedeva la visita ai luoghi dove Gesù era
nato, era stato battezzato ed era morto e risorto. Gesù stesso , l'aveva
sollecitata a non fare di più e a conservare le forze per i compiti futuri: «A
causa della vostra debolezza è sufficiente per voi visitare i luoghi più
vicini... Quando tornerete dal Giordano preparatevi al ritorno perché vi sono
ancora molte cose da inviare ai pontefici». Il programma si concentrò quindi su
Gerusalemme, Betlemme e il Giordano.
Complessivamente Brigida rimase in Terra Santa quattro mesi. La prima visita fu
alla cappella costruita sul Golgota proprio nel punto in cui era stata eretta
la croce, e fu qui che si presentò la grande visione della passione e morte di
Gesù. Brigida aveva avuto fin da bambina un infinito amore e una grande
venerazione per il Salvatore crocifisso e ogni venerdì, in memoria della
passione, digiunava a pane e acqua. La visita alla cappella del Golgota avvenne
appunto di venerdì: Brigida si inginocchiò, baciò devotamente la borchia
collocata sul punto in cui era stata infissa la croce, pregò a lungo e pianse.
Ed ecco che ebbe la visione che subito dopo trascrisse in questi termini:
Mentre ero sul monte Calvario e piangevo amaramente, vidi il mio Signore nudo e
flagellato, condotto dai giudei alla crocifissione e da loro attentamente
sorvegliato. Vidi anche un'apertura scavata nel monte e intorno a questa i
carnefici intenti alla loro terribile opera.
Il Signore però si rivolse a me e
disse: «Osserva, in questa apertura nella roccia fu piantata la mia croce
nell'ora della mia passione». Subito vidi i giudei conficcare la croce nel
terreno e fissarla con piccoli pezzi di legno incastrati tutto intorno affinché
fosse ben salda e non cadesse. Quando la croce fu solidamente sistemata,
costruirono una sorta di scala di legno che arrivava fino al punto in cui
dovevano essere inchiodati i suoi piedi, in modo che per mezzo dei gradini sia
lui che i suoi carnefici potessero salirvi per la crocifissione. Poi i
carnefici salirono e con insulti e derisioni fecero salire anche Gesù. Egli salì
mansueto come un agnello che si fa condurre al macello. Quando fu sulla scala,
stese spontaneamente il braccio, aprì la mano destra e la pose sulla croce. E
quei crudeli tormentatori lo inchiodarono alla croce, piantando il chiodo dove
l'osso è più solido. Poi, tirandolo con una corda, al- zarono il braccio
sinistro e inchiodarono la mano alla croce allo stesso modo. Poi il corpo di
Gesù fu disteso sulla croce, i carnefici posero una tibia sopra l'altra e
inchiodarono i piedi così uniti con due chiodi, stirando tutte le membra con
tale violenza che le vene e i nervi furono sul punto di spezzarsi.
Poi gli rimisero in capo la corona di spine che gli avevano tolto durante la
crocifissione e la premettero forte sul santo capo. La corona produsse tali
ferite che subito gli occhi si riempirono di sangue che colò giù copiosamente.
Anche le orecchie si riempirono di sangue e tutto il viso e la barba si
colorarono di sangue scarlatto.
Subito dopo i carnefici e i soldati allontanarono le scale; rimase soltanto la
croce alla quale era crocifisso il mio Signore.
Mentre io, sopraffatta dal dolore, meditavo sulla crudeltà dei carnefici, vidi
la madre di Gesù accovacciata a terra, straziata dalla sofferenza, tremante e
quasi fuori dai sensi. Giovanni e le donne, che stavano alla sua destra non
lontano dalla croce, la confortavano. La pena per la sofferenza della
santissima madre mi trafisse il cuore come una affilatissima spada. Poi la
madre dolorosa finalmente si alzò, sollevò lo sguardo verso suo figlio e rimase
lì, sostenuta dalle donne, fuori di sé per l'orrore e quasi morta. Quando il
figlio vide piangere lei e gli altri amici, la raccomandò con voce autorevole a
Giovanni. Dalla sua espressione e dalla sua voce si capiva che il suo cuore era
trafitto come da una freccia acuminata dall'infinita compassione per sua madre.
I suoi cari e bellissimi occhi erano quasi spenti, la bocca aperta e
sanguinante, il volto pallido e macilento, il corpo livido per la mancanza di
sangue. Le pelle del suo santissimo corpo era così sottile e delicata che ogni
minimo colpo vi lasciava un segno. Di tanto in tanto Gesù faceva il tentativo di
raddrizzarsi sulla croce, perché la sofferenza che provava era insopportabile.
Talvolta il dolore saliva dalle sue membra e dalle sue vene fino al cuore,
tormentandolo crudelmente. Era una morte prolungata con disumana crudeltà.
Allora, sopraffatto dal dolore e ormai vicino a morire, gridò con voce forte:
«O Padre, perché mi hai abbandonato?».
Ora aveva le labbra pallide, la lingua piena di sangue, il corpo esangue.
Nell'angoscia dell'estrema sofferenza gridò per la seconda volta: «O Padre,
nelle tue mani affido il mio spirito!». Poi alzò un poco la testa, ma subito la
reclinò e rese lo spirito.
Quando la madre di Gesù vide ciò, tremò in tutto il corpo e sarebbe caduta a
terra per l'indicibile sofferenza se non fosse stata sostenuta dalle altre
donne.
Ora però i giudei cominciarono a schernirla e a gridarle ogni tipo di insulto.
Gli uni dicevano: «Maria, tuo figlio è già morto!». Altri le rivolgevano parole
di derisione. Ed ecco che un uomo si staccò dalla turba e con una lancia colpì
Gesù sul lato destro con tanta violenza che quasi gli trapassò il corpo da parte
a parte. E quando ritrasse la lancia dalla ferita, ne uscì una grande quantità
di sangue.
Quando Maria vide ciò, prese a tremare violentemente piangendo e singhiozzando:
un'altra spada affilata le aveva trapassato l'anima.
Quando tutti se ne furono andati, alcuni amici di Gesù lo deposero dalla croce e
la madre lo accolse tra le sue sante braccia e lo strinse al seno. Il corpo di
suo figlio era un'unica ferita, pallido e sanguinante. Allora la madre dolorosa
asciugò tutto il corpo e le feri-
te di Gesù, gli chiuse gli occhi, glieli baciò e avvolse il corpo in un sudario
pulito.
Poi con lamenti e lacrime condussero il corpo di Gesù alla tomba e ve lo
deposero".
La visione fu trascritta da Brigida appena fu rientrata all'albergo dei
Pellegrini e subito data ai sacerdoti perché la traducessero in latino.
Betlemme dista appena nove chilometri da Gerusalemme e il tragitto poteva
essere percorso a piedi in meno di due ore. Sulla grotta della Natività
l'imperatore Costantino aveva fatto erigere una chiesa e Brigida si concentrò in
preghiera proprio dove Gesù aveva visto la luce ed era stato deposto nella
mangiatoia. Ed ecco che si realizzò la promessa che la Vergine le aveva fatto
anni prima, cioè di mostrarle come avesse dato la luce al suo divin figlio`.
Brigida ebbe infatti una visione, che in seguito trascrisse in questi termini:
Quando ero nella grotta del Signore a Betlemme, vidi una vergine vestita di un
mantello bianco e di un abito leggero attraverso il quale io vedevo
distintamente la sua carne virginale. Il suo corpo era pieno e molto forte,
perché era in procinto di partorire. Presso di lei si trovava un uomo più
anziano (Giuseppe). Avevano con loro un bue e un asino. Quando furono entrati
nella grotta, l'uomo più anziano legò il bue e l'asino alla mangiatoia. Poi
uscì e portò alla Vergine una candela accesa, la fissò alla parete e poi si
allontanò per non essere presente al parto.
Ora la Vergine si sfilò le scarpe, si tolse il mantello bianco e il velo che le
copriva il capo, ripose questi due capi vicino a sé e rimase vestita solo
dell'abito (tunica). I bellissimi capelli erano sciolti sulle spalle e
brillavano come oro. Poi prese due teli finissimi di lino e due di lana che
aveva portato con sé per avvolgere il bambino che stava per nascere e anche
altri due piccoli teli di lino per avvolgergli la testa. Pose anche questi
accanto a sé per usarli quando sarebbe venuto il tempo.
Quando tutto fu pronto, si inginocchiò con grande devozione e pregò. Appoggiava
le spalle alla mangiatoia e teneva il volto rivolto verso il cielo di Oriente.
Pregando con le mani tese verso l'alto e gli occhi rivolti al cielo, entrò in
estasi e fu alienata nei sensi e pervasa di divina dolcezza. Io vidi allora che
il bambino che si trovava nel suo grembo cominciava a muoversi. Ed ecco che in
un attimo ella partorì suo figlio, dal quale emanava una luce che non si può
descrivere, non paragonabile a quella del sole e men che meno a quella della
candela accesa dall'uomo anziano, che al suo confronto addirittura scompariva.
Il parto avvenne in modo così rapido e improvviso che io non potei né osservare
né distinguere esattamente in che maniera e con quale parte del corpo ella
partorì. Piuttosto vidi subito quel bellissimo bambino nudo, che giaceva
purissimo a terra. La sua pelle era perfettamente pulita. Vidi la placenta
giacere a terra pura e tersa. Udii anche un canto angelico di meravigliosa
bellezza e grande dolcezza. E subito il corpo della Vergine, che prima della
nascita era gonfio, divenne di nuovo sottile e di meravigliosa bellezza.
Quando la Vergine si rese conto di aver partorito, piegò il capo, giunse le mani
in atteggiamento di devozione e rispetto, pregò commossa davanti al Bambino e
gli disse: «Benvenuto, mio Dio, mio Signore, mio figlio!».
Ed ecco che il bambino pianse e cominciò a tremare per il freddo e la durezza
del suolo su cui giaceva. Si distese un poco, tese le piccole braccia e le gambe
e cercò le carezze e la protezione della mamma. Lei lo prese fra le braccia, lo
strinse al seno e lo scaldò con grande gioia e materno amore. Poi si sedette per
terra, si pose il figlioletto in grembo e prese con delicatezza fra le dita il
cordone ombelicale che subito si spezzò senza che ne uscisse sangue o altro
liquido. Subito dopo cominciò a fasciare il bambino. Prima lo avvolse nei teli
di lino, sopra a questi pose quelli di lana; coprì quindi la testolina con le
due piccole pezze di lino che aveva preparato.
Quando tutto fu finito, l'uomo, san Giuseppe, entrò, si gettò a terra, rimase
in ginocchio e pregò e pianse di gioia davanti al bambino.
La beata Vergine non si indebolì durante il parto, come avviene a tutte le altre
donne. La sua forza fisica rimase intatta e il suo corpo riprese subito la
forma che aveva prima del concepimento.
Ora Maria si alzò con il bambino tra le braccia ed entrambi, cioè la madre e
Giuseppe, posero il bambino nella mangiatoia, si inginocchiarono e pregarono.
In seguito, Brigida ebbe dalla Vergine altri particolari sulla nascita di Gesù:
Quando fui sola nella stalla e pregavo in ginocchio, partorii mio figlio con
tanta gioia e felicità dell'anima che non sentii alcun dolore e alcuna pena
allorché egli lasciò il mio grembo. Lo avvolsi subito in teli puliti che già
da tempo avevo preparato. Quando Giuseppe vide quello che era accaduto ne fu
felice e si stupì che io non avessi avuto bisogno di alcun aiuto. Dato che la
maggioranza delle persone a Betlemme erano occupate col censimento, non
prestarono attenzione alla meravigliosa nascita divina. Tu però
devi sapere che quanto ti ho detto è assoluta verità, anche se la gente che
ragiona con mente umana osa pensare che mio figlio sia nato alla maniera in cui
tutti nascono.
Dopo Gerusalemme e Betlemme, Brigida raggiunse con i suoi compagni il fiume
Giordano e con grande commozione visitò il luogo in cui Gesù aveva incontrato
Giovanni ed era stato battezzato. Sulla via del ritorno si soffermò a Betania
per pregare sulla tomba di Lazzaro.
Nell'ultimo periodo a Gerusalemme, nell'estate del 1372, Brigida fu colpita da
quei disturbi che un anno dopo, aggravandosi, l'avrebbero portata alla morte:
stanchezza, febbre insistente e dolori di stomaco. Il che tuttavia non le impedì
di portare a termine il suo programma di pellegrinaggi. L'8 settembre, giorno in
cui si festeggia la nascita di Maria, Brigida ne visitò la tomba al Getsemani ed
ebbe una visione in cui la Vergine le rivelò:
Dopo che mio figlio fu salito in cielo, io vissi ancora quindici anni nel
mondo. Poi rimasi quindici giorni in questa tomba, trascorsi i quali fui accolta
in cielo con infinito onore e gioia. Gli abiti con i quali ero stata sepolta
rimasero nella tomba. Sappi che a parte il corpo trasfigurato di mio figlio e il
mio, in cielo non c'è alcun corpo umano.
A Gerusalemme, con ogni probabilità, Brigida percorse molte volte la Via
Dolorosa e tornò ripetutamente alla cappella del Calvario. I quattro mesi in
Terra Santa costituirono per lei un periodo di grandissima gioia ed
edificazione spirituale e passarono in un lampo. Quando, all'inizio di ottobre,
venne il tempo del ritorno, i pellegrini si recarono a Giaffa e presero di
nuovo il mare. L'8 dello stesso mese, dopo una buona e veloce traversata,
sbarcarono a Cipro.
Pochi giorni dopo il suo arrivo a Cipro, il 12 ottobre, Brigida partecipò a
Famagosta alla cerimonia di incoronazione a re di Cipro e Gerusalemme del figlio
di Eleonora d'Aragona, Pietro II di Lusignano, detto Pietrino. I festeggiamenti
furono funestati da un sanguinoso scontro fra i ciprioti e l'ambasceria di
Genova, che si era offesa per la precedenza accordata ai veneziani. La contesa
fu momentaneamente sedata, però le cose non finirono lì: un anno dopo i
genovesi per vendicarsi tornarono a Cipro con una flotta e si impadronirono
dell'isola. La regina Eleonora, contrariamente a quanto Brigida le aveva
consigliato, tornò in Aragona e il giovane re morì ad appena ventisei anni
senza lasciare eredi. L'isola visse alterne vicende, finché nel XVI secolo finì
in mano ai turchi.
Dopo l'incoronazione del giovane re, Brigida ripartì con il suo seguito alla
volta di Napoli. Il ritorno in Italia riportò con prepotenza alla sua
attenzione ciò di cui maggiormente si preoccupava, cioè la lontananza dei papi
da Roma. Gregorio XI, eletto nel 1370, era infatti ancora ad Avignone e benché
ancor prima della sua elezione si fosse espresso a favore del ritorno del
papato a Roma, non si era ancora deciso a compiere questo passo. Più volte
l'aveva ammonito anche Caterina da Siena, ma inutilmente. A Napoli Brigida ebbe
una visione in cui Cristo le disse:
«Presta attenzione, figlia mia, e sappi che questo papa Gregorio è simile a un
paralitico che non può muovere le mani per lavorare e le gambe per camminare;
poiché come la malattia della paralisi deriva dal sangue, da umori infetti e
dal gelo, così la passione sfrenata del suo sangue e il gelo dei suoi
sentimenti per me trattengono questo papa ad Avignone. Tu però devi sapere che
con l'aiuto delle preghiere di mia madre egli comincia già a muovere mani e
piedi per venire a Roma, in esaudimento della mia volontà e in mio onore. Sappi
quindi con assoluta certezza che questo papa verrà a Roma dove si avvierà sulla
strada del bene, ma non vi farà molti progressi».
Rispose Brigida: «O mio Signore, la regina di Napoli e molti altri mi dicono
che è impossibile che questo papa venga a Roma, perché il re di Francia, i
cardinali e molte altre persone pongono ostacoli sulla sua via».
In effetti è storicamente dimostrato che il papa non aveva alcun desiderio di
tornare in Italia, a causa delle continue guerre e dell'incessante ostilità dei
Visconti. La risposta di Cristo alle osservazioni di Brigida fu questa: «Io
voglio ricondurre il papa a Roma. A te però non è concesso di sapere se lo
vedrai oppure no».
Brigida non inviò questo messaggio al papa, ma attraverso il vescovo Alfonso,
che si recò appositamente ad Avignone, gliene fece pervenire un altro in cui
scriveva tra le altre cose:
Vieni dunque a Roma, non esitare! E non venire con l'abituale sfarzo e lusso, ma
con umiltà e caldo amore. E quando sarai arrivato a Roma, estirpa tutti i
peccati dalla tua corte. Guardati dai consigli dei tuoi amici mondani e segui
quelli spirituali dei miei amici. Non esitare, vieni e comincia a rinnovare la
mia Chiesa, che ha bisogno di essere riportata alla sua primitiva, santa
condizione... Figlio mio Gregorio, io ti sollecito ancora una volta, torna a me
con umiltà e segui il consiglio del tuo Creatore e Padre.
Sempre attraverso il vescovo Alfonso, Brigida fece in seguito pervenire al papa
anche un altro messaggio del Signore:
Il papa deve prestare attenzione soltanto a me e venire a Roma, anche se tutti
gli sconsigliano di farlo e oppongono resistenza. Egli deve avere fiducia in me!
Io l'aiuterò e nessuno dovrà prevalere su di lui. Poiché il papa esita a
tornare a Roma per stabilire la pace e rinnovare la mia Chiesa, io voglio che
egli venga il prossimo autunno e che sappia che nulla mi è più gradito del suo
ritorno in Italia.
Come è noto, il papa non ubbidì e tornò a Roma solo quattro anni più tardi, nel
1377.
Nel corso del soggiorno a Napoli Brigida ebbe modo di rivedere in più occasioni
la regina Giovanna, che la ospitò nella sua residenza di Aversa offrendole la
possibilità di riprendersi un poco dai disagi del lungo viaggio in Terra Santa.
Nonostante la burrascosa relazione con suo figlio Karl, che Brigida non aveva
certo potuto approvare, tra le due donne il dialogo era sempre rimasto aperto e
l'amicizia non era mai venuta meno. Giovanna nutriva per la santa un'ammirazione
sconfinata, che dimostrò anche quando fu chiamata a testimoniare al processo di
canonizzazione.
Nel febbraio del 1373 Brigida era di nuovo a Roma, stanca e ammalata, ma sempre
coraggiosa e combattiva. Per l'ultima volta Brigida visitò le chiese romane
dove tante volte aveva pregato. L'accompagnavano in queste devote
peregrinazioni la figlia Caterina, oppure il vescovo Alfonso o il confessore
Petrus. La santa volle anche incontrare in quel periodo alcuni amici romani,
tra cui Latino Orsini.
Ma stanchezza e debolezza ebbero il sopravvento e gradualmente Brigida smise di
uscire dalla casa di Campo dei Fiori. Rimase nella sua stanza, dove veniva
celebrata anche la messa. Come apprendiamo dalle Rivelazioni, i suoi ultimi
giorni furono molto tormentati da dubbi e tentazioni di ogni genere. Ma la
Vergine la rassicurò: «Se ti vengono alla mente pensieri impuri e non riesci a
cacciarli, il tuo sforzo sarà comunque premiato poiché le tentazioni si
presentano contro la tua volontà».
Sei giorni prima della morte, quando i medici pensavano che si sarebbe ripresa,
la Vergine le disse ancora:
Cosa dicono i medici? Dicono forse che non morirai? In verità, figlia mia, essi
non comprendono cos'è la morte. Muore infatti colui che si separa da Dio,
insiste nel,peccato e non se ne libera attraverso la confessione. E morto anche
colui che non crede in Dio e non ama il suo Creatore. Vive e non muore colui che
teme Dio, si purifica dai suoi peccati attraverso frequenti confessioni e
desidera raggiungere Dio. Dato però che il Signore può rovesciare l'ordine
della natura e mantenerti in vita, sappi che nei medicamenti non vi è salvezza
né vita. Per questo non è necessario che tu ora ti affidi ai medici; infatti
poco tempo richiede poco nutrimento.
Il giorno successivo Brigida fu gratificata da una visione di Gesù, che con
volto sorridente le disse:
Io mi sono comportato con te come uno sposo che si nasconde alla sposa affinché
ella più intensamente lo desideri. Così in questo tempo non ti ho visitato
portandoti consolazione, poiché era il tempo della tua prova. Poiché tu però hai
superato questa prova, vieni dunque e preparati poiché è venuto il tempo che si
realizzi ciò che ti ho promesso: davanti al mio altare devi essere vestita e
consacrata, e d'ora in avanti non sarai soltanto la mia sposa, ma anche monaca
e madre a Vadstena. Sappi però che tu deporrai il tuo corpo qui a Roma, ma esso
in seguito giungerà nel luogo che gli è stato preparato.
Poi Gesù le disse ancora: «Il quinto giorno all'alba, quando avrai ricevuto i
sacramenti, chiama presso di te le persone, una dopo l'altra, e di' loro cosa
dovranno fare. Così attraverso di loro raggiungerai il tuo monastero e il tuo
corpo riposerà a Vadstena».
Brigida si preparò a morire. Negli ultimi cinque giorni che le restavano fu
totalmente raccolta in Dio. Al processo la figlia Caterina così testimoniò a
questo proposito:
In quei cinque giorni la signora Brigida non volle assumere più alcun cibo
terreno, soltanto un poco d'acqua per pulirsi la bocca. Non volle più che le si
cambiasse la biancheria del letto e non volle più parlare con nessuno, a meno
che non fosse assolutamente necessario; neppure volle più udire parole di
consolazione, in ricordo delle sofferenze di nostro Signor Gesù Cristo.
A mezzanotte del quinto giorno, l'ultimo della sua vita, Brigida fece chiamare i
figli Caterina e Birger e i membri della sua famiglia spirituale (erano presenti
tutti, meno il vescovo Alfonso che si trovava ancora ad Avignone) e parlò a
ognuno. A Caterina disse: «Pazienza e silenzio!».
All'alba Petrus di Alvastra celebrò la messa e Brigida chiese di essere posta
su quel duro tavolo di legno sul quale per tanti anni aveva scritto le divine
rivelazioni". Poi rivolse gli occhi al cielo, mormorò le parole che Gesù aveva
pronunciato prima di morire: «Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito»,
ed esalò l'ultimo respiro".
Negli Atti del processo di canonizzazione si legge: La signora Brigida nella sua
ultima volontà aveva disposto che dopo la sua morte il suo corpo fosse
seppellito nel cimitero di San Lorenzo in Panisperna del1'Urbe, e per evitare
ogni superbia e inutile gloria aveva chiesto che la sepoltura avvenisse di
notte, per sfuggire il concorso delle genti e la moltitudine delle persone.
Questo desiderio non poté però essere realizzato perché la notizia della morte
della santa si diffuse immediatamente in tutta la città e una gran folla di
devoti ed estimatori volle partecipare alle esequie, che si svolsero il 27
luglio. Roma, che non sempre era stata accogliente con Brigida, le rivolse uno
straordinario omaggio spontaneo.
Come fa notare il senatore Giulio Andreotti
nella relazione tenuta in occasione delle celebrazioni per il sesto centenario
della canonizzazione della santa (Roma, 3-7 ottobre 1991),
non sempre il rapporto di Brigida con Roma fu sereno, non mancarono momenti in
cui la sua passione morale indispettì il popolo per lo scomodo richiamo a una
vita più severa. Le cronache però ci dicono che tutta Roma si commosse
profondamente quando ella morì, al punto che per il grande concorso popolare
per due giorni non fu possibile trasportare la salma al convento delle
clarisse, luogo della temporanea sepoltura.
Il corpo, composto in una bara di legno racchiusa a sua volta in un antico
sarcofago romano di marmo, fu deposto con grandi onori nella chiesa prescelta.
Tuttora in San Lorenzo in Panisperna si trova la cappella di Santa Brigida, di
fronte a quella di Crispino e Crispiniano in cui si venera un antico crocifisso
di legno davanti al quale la santa si soffermava spesso in preghiera e veniva
rapita in estasi.
La permanenza del corpo di Brigida a Roma doveva però essere solo temporanea:
conformemente alla richiesta di Gesù, Brigida aveva chiesto ai figli, ai due
Petrus e agli altri sacerdoti svedesi che facevano parte del suo seguito di
portare le sue spoglie a Vadstena non appena fosse stato possibile. La partenza
avvenne il 2 dicembre 1373, dopo il ritorno da Avignone del vescovo Alfonso:
la cassa contenente le reliquie di Brigida fu caricata su un cavallo e il
corteo di accompagnatori, anch'essi a cavallo, si avviò per la via Flaminia
verso Montefalco, la città di santa Chiara. Qui ebbe luogo la seduta
preliminare, voluta e presieduta dal vescovo di Spoleto, del processo di
canonizzazione. Furono raccolte le prime testimonianze scritte, in particolare
la Vita dei due Petrus.
Da Montefalco il vescovo Alfonso tornò a Roma, mentre gli altri proseguirono per
Ancona, passando per il passo del Furlo. Da Ancona una nave li portò a Trieste.
Ci fu poi il lungo attraversamento dell'Austria e della Polonia fino a Danzica,
dove i ghiacci impedirono a lungo la partenza.
Finalmente le condizioni del mare consentirono di salpare, così che il 29 giugno
1374 la nave che trasportava le reliquie della santa toccò la terra svedese,
accolta da una gran folla di devoti, tra cui Nils Hermansson, che era stato il
precettore dei figli di Brigida e il suo primo insegnante di latino. Prima
tappa svedese fu Linköping, nel cui duomo il feretro della santa rimase
esposto con grandi onori per alcuni giorni.
Il 4 luglio 1374, a poco meno di un anno di distanza dalla morte, le reliquie
di Brigida arrivarono a Vadstena e furono provvisoriamente collocate in una
cappella lignea sulle mura di cinta, in attesa che fosse terminata la chiesa, a
quel tempo in fase di costruzione. Durante tutto il viaggio la gente era accorsa
numerosa a dare il benvenuto alla principessa svedese che tornava a casa.
Si realizzavano così le parole del Signore, che aveva annunciato a Brigida che
sarebbe stata monaca a Vadstena.
Brigida di Svezia fu canonizzata molto presto, appena diciotto anni dopo la
morte. E del resto già in vita godeva fama di santità. A promuovere la causa
lavorarono intensamente la figlia Caterina, i sacerdoti che le erano stati
vicini e addirittura sovrani, in particolare Alberto I di Svezia e Giovanna di
Napoli. Già nel novembre del 1375 papa Gregorio XI, che risiedeva ancora ad
Avignone, avviò ufficialmente con la bolla Saepe a multis accepimus l'indagine
sulla vita, la fama e i miracoli di Brigida.
Una volta raccolto il materiale, soprattutto a Roma, Napoli e Vadstena,
Caterina lo consegnò a Gregorio XI, che nel frattempo era tornato a Roma,
insieme al testo latino delle Rivelazioni curato dal vescovo Alfonso.
All'inizio del 1377 presso la Curia romana fu aperto il processo di
canonizzazione. Gregorio XI morì nel marzo di quello stesso anno; il suo
successore Urbano VI, grande ammiratore di Brigida, lavorò al processo ma non
riuscì a concluderlo in tempi brevi a causa dello scisma di Occidente.
Nel 1380 Caterina, perdute le speranze di assistere personalmente alla
canonizzazione della madre, tornò in Svezia, dove morì santamente il 24 marzo
1381. Nei dieci anni successivi morirono altri testimoni importanti della vita
di Brigida: il vescovo Alfonso (1388), Pietro di Alvastra (1390) e il figlio
Birger (1391).
Finalmente con Bonifacio IX, successore di Urbano VI, si arrivò alla cerimonia
di canonizzazione, che si svolse solennemente in San Pietro a Roma il 7 ottobre
1391: si trattò della prima avvenuta in quella basilica.
Il giorno in cui si festeggia la santa svedese è quello della morte, il 23
luglio, che segna la sua nascita all'eternità. La si ricorda anche il 7 ottobre,
giorno della canonizzazione, e il 28 maggio, giorno della traslazione delle
reliquie in Svezia.
I miracoli attribuiti a Brigida sono numerosi. Dagli Atti del processo di
canonizzazione ricaviamo la descrizione di due tra i tanti avvenuti subito dopo
la sua morte. Il primo, risalente al 1374, è questo:
Un carpentiere era a letto da un anno con la tibia rotta (conquassata et lesa).
Egli promise a Brigida di donare due vacche al monastero di Vadstena se fosse
stato risanato, ma non guarì. Allora promise a Brigida di offrire un'immagine
di cera a forma di tibia se fosse guarito, ma non avvenne nulla. Allora promise
che avrebbe visitato personalmente le reliquie di Brigida al monastero e
lavorato gratis per un anno. Ed ecco che nel sonno gli apparve Brigida che gli
chiese: «Vuoi tu adempiere al voto e lavorare nel mio monastero?». E lui: «Lo
voglio con tutto il cuore». E lei: «E io voglio risanarti». Al che l'uomo
istantaneamente guarì.
Ed ecco il secondo:
Nel 1376 una donna di nome Alfarana, moglie del siniscalco di Carlo di Durazzo,
restava incinta ma il bambino moriva nel suo utero. Ella fece allora voto alla
beata Brigida di inviare al suo sepolcro a Roma un'immagine d'argento a forma di
bambino se avesse ottenuto da Dio che la creatura che aveva in seno fosse nata
viva e potesse essere battezzata. Poi si mise al collo le reliquie di Brigida e
le portò con devozione fino al parto. Partorì un bimbo maschio vivo e sano, e
mandò il marito a Roma a portare l'immagine promessa.
In un testo settecentesco scritto da padre Guglielmo Burlamacchi troviamo la
descrizione di numerosi altri miracoli, oltre un centinaio, avvenuti tutti
pochissimo tempo dopo la morte della santa e attribuiti alla sua
intercessione.
Ne riportiamo alcuni:
Otto pescatori, con un putto di nove anni, viaggiando nel maggior rigor
dell'inverno sopra il vastissimo lago Weter vicino al monastero Vasteno, allora
quando era tutto congelato, furono dalla Santa liberati dalla morte imminente,
poiché spezzandosi, come è solito, con grandissimo strepito il ghiaccio, e
dividendosi in mille parti, si trovarono i poverini con gran loro spavento
sopra un pezzo di quel ghiaccio isolati, con pericolo di momento in momento di sprofondarsi; già vedevano
perduta ogni speranza di salute, e ripercossi dall'agitazione delle onde, che
suol essere con modo indicibile violentissima, altro non aspettavano che la
morte; quando alzando gl'occhi verso la Chiesa della Santa, che da lontano
appariva, si raccomandavano in un sì grave periglio alla sua protezione,
invocando con alte voci il suo glorioso nome, e promettendole con vere lacrime
di voler per l'avvenire emendare la loro vita e confessarsi e comunicarsi nella
sua Chiesa; ed ecco che in un momento que' pezzi di ghiaccio divisi si
riuniscono tra loro, e benché fosse il vento contrario, con tutto ciò in modo
maraviglioso rassodandosi, diedero loro il passaggio libero alla riva.
Ma quell'inesperto giovinetto, essendosi fermato un poco per prendere le sue
bisaccie, e quelle di alcuni compagni, non fu a tempo a seguire coloro, onde di
bel nuovo divisi que' pezzi di ghiaccio, cadde il meschinello nel profondo del
lago; e quivi si vide un altro più insigne miracolo, poiché quelli ch'erano in
salvo, prostrati a terra, invocando di nuovo Santa Brigida, e raddoppiando le
preghiere per la salute di quell'innocente, videro con loro grandissimo
stupore esser da mano invisibile tolto dall'acque; ed a poco a poco condotto
sano e salvo su'1 lido con inesplicabile allegrezza de' circostanti; non
mancando poco dopo di portarsi a render grazie alla Santa per un sì segnalato
beneficio'.
Al ghiaccio, assai comune in Svezia per lunghi mesi, sono legati molti altri
miracoli attribuiti a santa Brigida, per esempio questo:
Un fanciullo di dieci anni, essendo andato a pescare con alcuni suoi compagni
nelle isole del mare di Svezia, si trattenne per qualche tempo su'1 ghiaccio
fragile e già vicino a dileguarsi, senza conoscere il pericolo; poiché mentre
gl'altri fuggivano per essersi accorti che, per la forza del vento stava per
rompersi quella parte del mare agghiacciato, egli rimase solo sopra un pezzo di
ghiaccio trasportato dalla corrente assai lontano dal lido; in un sì evidente
pericolo cominciò a gridare ad alta voce:
«O Santa Brigida aiutami»; fra tanto
rinforzando il vento spezzò in minutissime parti ancor quel poco di ghiaccio
sopra il quale stava il misero giovinetto; ma o prodigio veramente grande!
Benché stesse con i piedi sopra Tacque, non per questo si affondava, ma vi si
reggeva immobile come sopra una pietra, avendogli tramutato la Santa questo
liquido elemento in saldissimo cristallo; essendo stato in questo modo più di
sei ore, comparve una barchetta di pescatore, dal quale fu condotto sano e
salvo sul lido, non cessando di render grazie alla sua Santa liberatrice.
Altri miracoli riguardano la navigazione e i pericoli delle tempeste, come
quello che segue:
Alcuni cittadini di Lincopia, dopo aver visitati i Santuari dell'Aquisgrano, si
posero in mare per ritornare in patria; ed ecco che, nel più bello della
navigazione sopragiunti da una terribile tempesta, si videro a pericolo di
vita, poiché caduto un fulmine dal Cielo sopra la cima dell'albero della nave,
vi attaccò il fuoco, e non fu mai possibile con tutte le loro industrie di
estinguerlo; non era tanto il timore delle onde che riempivano il vascello,
quanto quello del fuoco che minacciava di incenerirlo; si affaticarono per molte
ore a smorzare la fiamma vorace, che ormai aveva consumate quasi tutte
l'antenne, ma in vano; per lo che non trovando altro scampo, ricorsero tutti
con vero cuore a Santa Brigida, facendo voto di pellegrinare fino a Vastena per
riverire il suo benedetto Corpo; appena fatto il voto videro come da una mano
distaccato dal legno quel vivo fuoco, e gettato lungi nel mare, con sì grande
allegrezza di tutti, che non potevano trattenere le lacrime ad un sì manifesto
miracolo; terminata poi felicemente la navigazione, non tardarono ad eseguire
le loro promesse, celebrando da per tutto le glorie di sì gran Santa.
Numerosi altri miracoli riguardano la salvezza dai briganti, evidentemente assai
numerosi a quel tempo, l'aiuto nel momento del parto, in occasione di altre
infermità di varia natura e nei diversi pericoli della vita e la liberazione
dai demoni. Non mancano i soccorsi di tipo spirituale, come quello offerto al
nipote Karl:
Vivendo con gran libertà secolaresca il principe Karl, nipote di Brigida, figlio
di Karl suo primogenito, gli comparve una notte la Santa con un orologio a
polvere nelle mani, del quale n'era già buona parte trascorso, e gli disse:
«Vedi Karl, quanto poco resta di quest'orologio? Tanto tempo appunto, e non più,
ti resta da vivere; perciò apparecchiati alla morte vicina. Se tu fossi stato
obbediente a Dio ed a' tuoi maggiori, non solo saresti campato più lungamente
d'ogni altro della nostra stirpe. Ma ancora saresti stato eletto arcivescovo di
Lincopia, e divenuto una grande colonna della Chiesa». Spaventato per queste
parole, il giovinetto pregò la Santa che volesse intercedergli dal Signore
ancora un poco di tempo, che le prometteva di emendarsi intieramente e vivere in
penitenza. Soggiunse Brigida: «No figliuolo; già la sentenza è data, ed il
tempo è passato, preparati». Dette queste parole, disparve la Santa e poco dopo
infermatosi, Karl passò a miglior vita, avendo prima ricevuti i Sacramenti con
istraordinaria pietà e divozione. E fu sepolto a Vastena.
Brigida non aveva potuto veder realizzato il suo più grande desiderio: il
ritorno del papa a Roma. In una famosa profezia Brigida aveva però descritto la
nuova sede del papa, il Vaticano, dove si sarebbe concentrato il governo della
Chiesa. E non si può fare a meno di stupirsi constatando fino a che punto la
descrizione coincida con l'attuale Città del Vaticano:
Vidi Roma dal palazzo del papa vicino alla chiesa di San Pietro fino alla
fortezza di Sant'Angelo; e dalla fortezza fino alla chiesa dello Spirito Santo
e fino alla chiesa di San Pietro, come se fosse una pianura e circondata da un
solidissimo muro, e diverse abitazioni si trovavano all'interno di quel muro.
Poi udii una voce che diceva: «Quel papa che ama la sua sposa (la Chiesa) con
lo stesso amore mio e dei miei amici, possiederà questo luogo con i suoi
collaboratori, affinché possa riunire con maggior libertà e pace i suoi
consiglieri».
Dopo il Concordato del 1929 questa profezia fu mostrata a Pio XI, il papa della
conciliazione, che ne rimase commosso e compiaciuto.
Brigida era stata occasionalmente gratificata da alcune visioni fin dalla prima
infanzia; fu tuttavia durante gli anni trascorsi ad Alvastra dopo la morte del
marito che visioni e rivelazioni divennero più frequenti. Inizialmente Brigida
non osò dar credito a quanto appariva al suo occhio interiore e a quanto le sue
orecchie udivano durante l'estasi, temendo anzi che potesse trattarsi di una
tentazione del demonio. Si rivolse allora al suo consigliere spirituale, maestro
Matthias, teologo di fama, che dopo un attento esame dei testi la confortò e
rassicurò.
Ma a far svanire ogni dubbio di Brigida furono le parole di grande potenza,
bellezza e forza di persuasione che il Signore le fece udire quando si trovava
ancora ad Alvastra e che nell'edizione definitiva aprono il primo libro delle
Rivelazioni:
Io sono il Creatore del cielo e della terra, uno in divinità con il Padre e lo
Spirito Santo. Io sono colui che parlò ai,patriarchi e ai profeti e colui che
essi attendevano. E per esaudire i loro desideri, secondo la mia promessa, che
ho assunto carne umana senza peccato né concupiscenza, entrando nel ventre
della Vergine allo stesso modo in cui un sole risplendente passa attraverso un
vetro puro e trasparente. E come il sole, attraversando il vetro, non lo
offende, così la verginità di Maria non fu né lesa né offesa quando io presi da
lei la mia umanità. Ora devi sapere che io ho assunto l'umanità in modo da non
rinunciare alla mia divinità. E sebbene fossi nel ventre della Vergine con
umanità, ero ugualmente in comunione di divinità col Padre e lo Spirito Santo; e
come lo splendore non si separa mai dal fuoco, così la mia divinità non si è mai
separata dall'umanità, neppure nella morte...
E poi un appello personale e insieme un'investitura: E tu, figlia mia, che ho
scelto per me e alla quale io parlo, amami con tutto il tuo cuore, non come un
figlio o una figlia, o come i genitori amano i loro figli, ma più di tutto ciò
che esiste al mondo; perché io, che vi ho creato, amo talmente la vostra anima
che preferirei essere crocifisso un'altra volta, se fosse possibile, piuttosto
che privarmene.
Dopo i comprensibili dubbi e le esitazioni del periodo iniziale, Brigida fu
sempre saldissima nel suo convincimento di essere stata scelta dal Signore per
far conoscere agli uomini certe verità. La certezza della sua missione le
derivava dalla voce che le parlava dentro e le diceva: «Io sono il tuo Dio che
vuole parlare con te».
La visione di Dio di Brigida derivava da esperienza diretta: Dio per lei non
era un concetto astratto, ma un vissuto quotidiano. Consapevole del dono divino
che possedeva, Brigida così cercò di descriverlo: «Dolcissimo Dio, è
meraviglioso ciò che operi in me; quando a te piace, fai calare sul mio corpo un
sonno spirituale e rendi l'anima capace di vedere e udire le cose dello
spirito».
Di conseguenza la futura santa agì come docile strumento delle divina
provvidenza e poté rivolgere senza timore i suoi ammonimenti, spesso assai duri
e severi, a personaggi influenti e allo stesso papa. Il che, come fa notare
padre Graziano di Santa Teresa in un pregevole studio dedicato all'azione
politica delle sante medievali, in particolare Brigida di Svezia e Caterina da
Siena, «meraviglia fortemente in donne d'altronde tanto deferenti verso
qualsiasi autorità, religiosa e civile, tanto soggette ai loro direttori
spirituali e di profondissima umiltà nella loro vita e condotta ordinaria»4.
La deposizione al processo del vescovo Alfonso ci informa infatti che Brigida
dimostrò sempre la massima obbedienza verso i suoi padri spirituali, al punto
da «mortificare la propria volontà perché ogni cosa che faceva era sottomessa
al consenso del predetto padre spirituale».
La figlia Caterina testimoniò la stessa cosa. Perché una persona così umile e
rispettosa potesse inviare al papa e ai sovrani messaggi tanto severi e talora
addirittura offensivi, era indispensabile che fosse convinta della loro
origine divina e della loro conseguente necessità storica. Convincimenti che in
Brigida non vennero mai meno.
Poiché le rivelazioni che Brigida riceveva non erano destinate soltanto a lei,
ma anche ad altri, si presentò subito la necessità di trascriverle. Brigida
prese così l'abitudine di mettere subito per iscritto quanto aveva udito: le
parole del Signore, della Vergine e dei santi si imprimevano infatti con estrema
precisione nella sua mente, così che, al risveglio dall'estasi, poteva
trascrivere ogni parola velocemente e con sicurezza. Dopo che i testi erano
stati fissati sulla carta, Brigida perdeva il ricordo esatto della successione
verbale e non conservava altro che la memoria dell'argomento che era stato
oggetto della rivelazione. Come sappiamo, Brigida scriveva in svedese e i testi
venivano poi tradotti in latino da Petrus di Alvastra, aiutato di frequente da
Petrus di Skànninge. In seguito fu il vescovo Alfonso, il devoto amico degli
ultimi anni, a svolgere il lavoro redazionale vero e proprio, suddividendo le
rivelazioni in otto libri, senza peraltro seguire un ordine logico o
cronologico preciso.
La redazione definitiva delle rivelazioni fu curata nel secolo successivo dai
monaci di Vadstena e stampata nel 1492 a Lubecca per incarico del monastero in
ottocento esemplari su carta e sedici su pergamena: l'invenzione della stampa
ad opera di Giovanni Gutenberg risaliva a pochi decenni prima (1455).
I contenuti degli otto libri delle Revelationes possono essere così descritti:
Libri I e II: rivelazioni ricevute in Svezia
Libro III: moniti al clero e ai vescovi per la loro vita e il loro ufficio
Libro IV: rivelazioni ricevute a Roma e per Roma
Libro V: libro delle domande
Libro VI: visioni su temi vari
Libro VII: visioni ricevute in Terra Santa
Libro VIII: ammonimenti avuti da Gesù Cristo per principi e regnanti
Alle Revelationes vanno aggiunte le Revelationes extravagantes (ossia
«supplementari», non accolte nei testi canonici), che contengono notizie
biografiche e anche indicazioni e consigli per le monache e i monaci di
Vadstena.
Le opere di santa Brigida comprendono inoltre la Regola dell'ordine del
Santissimo Salvatore, in trentuno capitoli, che la santa dettò a Petrus di
Alvastra. Come abbiamo visto, per ottenere l'approvazione della Santa Sede si
resero necessarie alcune modifiche di contenuto e aggiustamenti linguistici.
C'è poi il Sermo angelicus, tradotto in latino da Petrus di Skànninge: ventuno
letture liturgiche, tre per ogni giorno della settimana, che Brigida ricevette
da un angelo durante il primo periodo del suo soggiorno romano, quando abitava
nella casa del cardinale adiacente alla chiesa di San Lorenzo in Damaso, e che
descrivono la storia della salvezza, dalla nascita di Maria fino alla sua
glorificazione.
Nella sua Deposicio copiosissima il maestro Petrus testimonia a questo
proposito:
Ogni giorno la signora Brigida, dopo aver devotamente recitato le sue
preghiere, si preparava nella sua camera, la cui finestra consentiva la vista
dell'altar maggiore della chiesa, con carta e penna in mano e aspettava
l'angelo, finché egli veniva. E l'angelo si poneva in piedi accanto a lei, col
volto sempre rivolto verso l'altare dove si trovava il corpo di Cristo, e
dettava chiaramente e ordinatamente le citate lezioni nella lingua materna
della signora Brigida e lei con grande devozione scriveva tutto ciò che usciva
dalla bocca dell'angelo. Qualche volta capitava che l'angelo non venisse e
interrogata dal suo padre spirituale ella rispondeva con grande umiltà: «Oggi
non ho scritto nulla, perché ho atteso l'angelo di Dio affinché mi dettasse,
ma lui non è venuto». Ciò durò oltre un anno; non ogni giorno, ma di tanto in
tanto l'angelo veniva da Brigida, che lo vedeva con gli occhi corporali.
Vanno citate infine le Preghiere di Santa Brigida: quattro preghiere lunghe, due
rivolte a Gesù e due alla Vergine, e quindici preghiere più brevi, che Brigida
ricevette nel 1346 ad Alvastra, dedicate alla sofferenza del Redentore. Per
tutta la vita Brigida le recitò quotidianamente.
Brigida attribuì sempre ogni suo scritto a Gesù e alla Vergine.
Indipendentemente dalla fonte, sulla quale la critica letteraria non può né
vuole esprimere alcun giudizio, l'opera che porta la sua firma, in particolare
le Rivelazioni, è molto apprezzata. Quanto la santa sia stimata anche come
scrittrice è chiaramente espresso dal professor E.N. Tigerstedt, docente di
letteratura all'università di Stoccolma, che scrive: «Brigida è una delle
figure più possenti e singolari della nostra letteratura, uno dei grandi
scrittori svedesi».
Le Rivelazioni di santa Brigida sono peraltro state sottoposte a molte
valutazioni teologiche. Il primo teologo che se ne occupò fu il maestro
Matthias, che con la sua fama di teologo e uomo di cultura conferì loro autorità
e legittimità: «Io Matthias, canonico di Linkòping, partecipo a tutti gli uomini
con questo scritto la verità divina che ho udito confessando un'amica di Dio».
In seguito, quando Brigida viveva ancora in Svezia, le analizzò l'arcivescovo
Birger di Uppsala e a Roma soprattutto il vescovo Alfonso di Jaén. Tutti furono
d'accordo nel riconoscerne l'ispirazione divina. Nel corso del processo di
canonizzazione, papa Gregorio XI fece accuratamente valutare le Rivelazioni da
tre cardinali e vari teologi, che giunsero alla medesima conclusione. Nel 1379
infine Urbano VI istituì un'altra commissione di cardinali e teologi, che ugualmente trovò le rivelazioni
veritiere e ispirate da Dio, quindi adatte a essere diffuse, ed espresse
pubblicamente e ufficialmente tale risultato.
Questa dichiarazione suscitò in molti il desiderio di conoscerle, e fu così che
importanti personalità politiche e religiose inviarono appositamente messi a
Roma per procurarsele; tra questi anche il re di Boemia, Carlo V di Francia e
le regine di Napoli, Cipro e Castiglia. Le Rivelazioni furono quindi ricopiate
molte volte. La canonizzazione di Brigida, avvenuta il 7 ottobre 1391, ne
accrebbe ulteriormente la fama.
Nonostante l'approvazione di papi e teologi e il parere positivo dei padri
consiliari di Costanza (1415) e di un'ulteriore commissione creata nel 1455 dal
concilio di Basilea della quale faceva parte anche il famoso cardinale Giovanni
Torquemada, non sono mancati gli oppositori, a giudizio dei quali alle
Rivelazioni doveva essere attribuito valore esclusivamente umano. Altri
supposero addirittura che i due Petrus e il vescovo Alfonso avessero ampliato,
modificato e abbellito i testi, o addirittura se li fossero inventati.
Certamente coloro che posero mano alle Rivelazioni, le tradussero in latino e
ne curarono l'edizione definitiva hanno apportato qualche contributo personale.
Ma è giusto ipotizzare che si sia trattato di un contributo formale, e non
sostanziale, sia per il rispetto nei confronti di Brigida e per il prezioso
materiale che veniva loro affidato, sia perché Brigida aveva una conoscenza del
latino sufficiente per controllare testo e traduzione.
Con riferimento al contributo umano alle Rivelazioni, Gesù stesso disse a
Brigida:
Io sono come un falegname che taglia pezzi di legno nel bosco, li porta a casa
e ne ricava una bella scultura, che orna di colori e figure di contorno. Quando
i suoi amici vedono che la scultura potrebbe essere ornata di colori ancora più
belli, vi sovrappongono i loro colori e aggiungono altre pitture. Così io,
Dio, ho tratto le mie parole dal bosco della mia divinità e le ho poste nel tuo
cuore. 1 miei amici poi, in forza della virtù che è stata loro data, hanno
riunito queste parole in libri e le hanno dipinte e ornate.
Il contributo umano non è negato, ma spiegato e collocato in corretta luce.
L'origine di ciò che viene visto e udito durante le estasi ha sempre suscitato
discussioni e problemi: non soltanto nel caso di Brigida di Svezia ma anche di
tanti altri mistici e santi che furono gratificati da visioni e audizioni. Con
riferimento a Brigida, coloro che le vissero accanto ritennero le sue
Rivelazioni di origine soprannaturale, e dello stesso avviso sono ancor oggi
numerosi studiosi e devoti.
Le Rivelazioni di santa Brigida sono anche un'opera di grande afflato poetico:
in mille modi viene espresso l'amore sconfinato della santa per il Cristo, la
Vergine e il mistero della Trinità. Per rendersene conto basta leggere le
espressioni dedicate alla Vergine Maria, paragonata per esempio a un
arcobaleno:
Io sono la Vergine che dall'alto assiste il mondo in continua preghiera, allo
stesso modo in cui dalle nuvole l'arcobaleno tende verso la terra e sembra
toccarla. L'arcobaleno sono io, che attraverso la preghiera mi chino verso gli
abitanti della terra, buoni o cattivi che siano. Mi chino verso i buoni affinché
siano saldi e costanti in ciò che la Chiesa comanda loro, e verso i cattivi
affinché non progrediscano nella loro cattiveria.
Ed ecco le parole con le quali la Madre di Dio spiega a Brigida come mai fu
scelta dal Signore:
Un uomo, cercando delle pietre, trovò la calamita e la custodì fra i suoi tesori
perché essa conduce le navi in porto. Così mio Figlio, cercando fra le sue
pietre che sono i santi, scelse me come Madre affinché attraverso di me gli
uomini fossero condotti al porto della salvezza e nell'oasi del cielo. Come la
calamita, con una dolce attrazione, richiama a sé il ferro, così io attiro a Dio
i più duri di cuore...
La Vergine è paragonata anche a un fiore dal quale le api succhiano dolcezza:
Io somiglio a un fiore dal quale le api colgono dolcezza; e sebbene esse ne
prendano molta, la mia dolcezza non finisce mai; infatti io sono in grado di
prodigare grazie a tutti, avendone sempre in sovrabbondanza. 1 miei eletti
sono come le api, che con tutta la devozione di cui sono capaci sono attenti a
qualsiasi cosa minacci il mio onore, e come le api lavorano con cura e
attenzione....
Maria è paragonata infine a un giardiniere:
Sono come un giardiniere di questo mondo, che quando vede soffiare il vento
impetuoso che danneggia le piante e gli arboscelli, si reca subito in giardino
e li lega e li sorregge con pali e sostegni, prendendo ogni precauzione
affinché non si rovinino, non si rompano e non si sradichino. Ebbene, io faccio
la stessa cosa: essendo Madre di misericordia nel giardino di questo mondo,
quando vedo che si alzano i venti delle tentazioni mi rivolgo subito a Dio, mio
Figlio, con le preghiere implorandolo affinché siano sostenuti e protetti dai
venti impetuosi delle tentazioni...
Chi disprezza l'aiuto di mio figlio e il mio, si lascia portare via dal vento
delle tentazioni.
Come si può constatare, l'uso di paragoni e allegorie è assai frequente e
risponde a una necessità, come fu spiegato a Brigida:
Ciò che vedi, non si rivela a te così com'è; infatti se tu vedessi la bellezza
spirituale degli angeli e delle anime sante, il tuo corpo non potrebbe
sopportarlo e per la gioia che la tua anima proverebbe a tale vista si
spezzerebbe come un vaso lesionato e fragile. E se tu vedessi i demoni come
realmente sono, o vivresti con grande tormento oppure improvvisamente moriresti
a causa di tale orribile vista. Per questo motivo le cose spirituali si
mostrano a te con veste materiale e ti vengono illustrate con parabole,
altrimenti la tua anima non potrebbe afferrarle. Ma la cosa più meravigliosa è
che tu senti il mio spirito muoversi nel tuo cuore.
Scopo delle Rivelazioni e dell'intera missione di santa Brigida è il
rinnovamento della Chiesa, che ella amò moltissimo e che non intese riformare:
volle soltanto ripristinarne il volto legittimo sfigurato dagli uomini. Brigida
non criticava le leggi vigenti, denunciava il fatto che non fossero osservate,
e mostrava la Chiesa qual era al suo tempo, triste e tenebrosa, e quale
avrebbe dovuto essere, luminosa e pura. Non si limitava a condannare, ma
indicava la via per il ritorno alla primitiva purezza.
È la Vergine stessa a rivelare a Brigida il triplice profilo della Chiesa alla
luce del ministero di tre apostoli: Giovanni, Pietro e Paolo.
In Giovanni splendono l'obbedienza e la dolcezza che Brigida deve far sue:
«Abbassati alle cose umili e avrai le sublimi. Lascia la tua propria volontà se
vuoi essere piccola. Disprezza le cose terrene e sarai una creatura celeste.
Disprezza le cose superflue ed avrai abbondanza spirituale».
Pietro è animato dalla fede: «In Pietro brilla la fede della Santa Chiesa. E
come Pietro rimase stabile fino alla fine, così rimarrà stabile fino alla fine
la fede della Chiesa». E ancora: «Cerca pertanto la santa fede nella Chiesa di
san Pietro; una volta che l'hai cercata conservala nella tua memoria e portala
alla perfezione nelle tue opere».
In Paolo infine si trova la pazienza per vivere la carità di Cristo e soffrire
per lui: «Con la pazienza di Paolo si accende la carità di Dio nei cuori, gli
animi si infiammano per compiere cose grandi, l'uomo diventa umile, mite,
misericordioso, fervente verso le cose celesti, sollecito di sé, perseverante
nelle iniziative intraprese».
Obbediente Giovanni, fermo nella fede Pietro, amorosamente paziente Paolo:
queste tre grandi virtù devono animare la Chiesa e i suoi fedeli.
Forte delle sue rivelazioni, la santa svedese sollecitava gli ecclesiastici a
non trascurare i loro doveri, ad abbandonare mondanità e sfarzo, concubinato e
simonia, e ricordava ai monaci l'osservanza delle regole dei fondatori.
Brigida era ben conscia dei mali della Chiesa e nella già riportata lettera al
vescovo di Orvieto` ne descrive il miserando stato. Nel primo libro delle
Rivelazioni, al capitolo XLI, compendia le colpe del papato. Anche questo
messaggio è stato riportato in un precedente capitolo. Brigida fustiga i papi
per abuso di potere e mancanza di adesione ai loro doveri, però difende il
papato come istituzione e come ideale.
Con riferimento ai vescovi, mette in bocca a sant'Ambrogio, che le appare a
Milano, prima tappa del viaggio in Italia, una severa critica a Giovanni
Visconti, arcivescovo e signore temporale di Milano, usando ancora una volta
un'allegoria, quella delle dieci ore. Eccola:
C'era un uomo che aveva una brava e buona moglie, ma le preferiva la domestica.
Da ciò derivarono tre cose: le parole e il sorriso della domestica lo
rallegravano più della moglie; donò alla domestica i vestiti più belli non
curandosi che la moglie andasse vestita umilmente di stoffa ordinaria,
macchiata e strappata; passava con la domestica nove ore su dieci, mentre ne
dedicava una soltanto alla moglie. Delle nove ore, occupava la prima a guardare
la ragazza rallegrandosi della sua bellezza. Nella seconda ora dormiva fra le
sue braccia. Nella terza lavorava lietamente per lei. Nella quarta si riposava
accanto a lei. Nella quinta si dava da fare per procurarle tutto quello che le
era necessario. Nella sesta era lieto perché ella si dimostrava riconoscente.
Nella settima si accendeva di desiderio e nell'ottava lo soddisfaceva. Nella
nona tralasciava di fare alcune cose che avrebbe dovuto fare. Nella decima
faceva quello che non aveva voglia di fare, cioè si dedicava alla moglie. Ma un
giorno si presentò a lui uno dei parenti della moglie e gli disse severamente:
«Ritorna alla tua legittima consorte, amala, vestila decentemente e passa nove
ore con lei e soltanto una con la ragazza; se così non farai, affronterai una
morte tremenda».
Il significato è chiaro: il vescovo è consacrato alla Chiesa, così come il
marito lo è alla legittima sposa. E come l'uomo dell'allegoria ha trascurato la
moglie per dedicarsi alla ragazza, così il vescovo trascura la Chiesa per
dedicarsi alle cose mondane.
Brigida rivolse a Giovanni Visconti appelli molto eloquenti, che tuttavia non
ebbero effetto, per cui le fu spiegato che quel vescovo era «come una
testuggine, sulla cui dura corazza i colpi rimbalzano; egli è contento di
vivere nel fango e di andarsene in giro con la testa rivolta verso il suolo, e
non desidera altro che continuare a vivere nel peccato».
Brigida ebbe grandissima stima del ruolo del sacerdote, che amministra i due
sacramenti più importanti, la confessione e la comunione; ruolo che può
continuare a svolgere, purché regolarmente ordinato, anche se indegno: «E io
dico che i preti sono veri preti e consacrano il corpo di Gesù Cristo anche se
sono carichi di peccati; essi trattano veramente Dio sull'altare e
amministrano gli altri sacramenti anche se, a causa dei loro peccati, sono
indegni davanti a Dio della gloria celeste».
La vita dissoluta di certi sacerdoti la induce tuttavia a dire: «È più caro a
Dio che costoro non dicano messa, piuttosto che tocchino il corpo di Dio con le
loro mani meretrici».
Brigida non volle distruggere, ma purificare e rinnovare. Il risultato della
sua lunga e intrepida missione non fu sempre positivo, non sempre i suoi moniti
furono ascoltati. Ma molto opportunamente scrive Graziano Maioli nello studio
sopra citato:
Anche persone non prevenute contro Brigida, anzi stimandola per la sua santa
vita, non sempre furono docili agli avvisi e agli ammonimenti dati da lei, così
da poter concludere che in parte la sua missione fallì; ma gli insuccessi,
comuni d'altronde al profetismo vecchio-testamentario e all'annuncio
evangelico, indicano solo che all'offerta di rinnovamento da parte di Dio
corrisponde spesso la neghittosità e l'insofferenza dell'uomo. È allora che la
tempra dell'araldo di Dio manifesta la sua resistenza inflessibile. Infatti
anche Brigida non venne mai meno al suo compito di intermediaria fra il cielo e
la terra fino all'ultimo respiro.
Scopo ultimo dell'opera di Brigida a favore del rinnovamento della Chiesa,
della moralizzazione dei costumi, del miglioramento dei rapporti fra le nazioni
e fra i sovrani e il loro popolo, fu in ultima analisi l'elevazione del livello
spirituale della società e del singolo individuo. Il secolo XIV nel quale
Brigida visse fu denso di difficoltà sociali e politiche: la guerra dei
cent'anni, le innumerevoli contrapposizioni tra i principi laici ed
ecclesiastici, la peste nera e il papato avignonese, con tutte le conseguenze
che questa situazione comportò. Brigida visse appieno il suo tempo, immersa nel
mondo anche quando a Roma conduceva vita praticamente monacale, e prese atto
per esperienza diretta di tutto questo.
Si divideva fra esperienza ascetica ed estatica e fervida attività di denuncia, ammonimento e stimolo nei confronti
dei potenti del mondo. La sua opera letteraria è la perfetta testimonianza di
tutto questo: grande afflato mistico e altrettanto grande coinvolgimento
mondano, così che Brigida è compiutamente cittadina del cielo e della terra,
realizzando al massimo livello la vocazione umana e spirituale del
cristianesimo, per il quale la terra è il vivaio del cielo.
Il V Libro delle Rivelazioni, detto Libro delle Domande, è molto particolare e
completamente diverso dagli altri: è il testo propriamente teologico di santa
Brigida. Esso è frutto di una lunga visione che la santa ebbe quando viveva
ancora in Svezia e dal monastero di Alvastra, dove si era stabilita dopo la
morte del marito, si stava recando a cavallo al castello di Vadstena che il re
le aveva donato perché fosse la sede dell'ordine del Santissimo Salvatore.
Il vescovo spagnolo Alfonso Pecha de Vadaterra, autore della prefazione al
libro, racconta che Brigida cadde improvvisamente in estasi e vide una lunga
scala che partiva da terra e raggiungeva il cielo dove Cristo era seduto in
trono come un giudice, circondato da angeli e santi, con la Vergine ai suoi
piedi. Sulla scala c'era un monaco, una persona colta che Brigida conosceva ma
che non viene nominata; costui si dimostrava molto agitato e nervoso e
gesticolando poneva ostinatamente domande a Cristo, che gli rispondeva con
pazienza.
Le domande che il monaco pone al Signore sono quelle che probabilmente ognuno di
noi, almeno una volta nella vita, si pone sull'esistenza di Dio e il
comportamento umano, con ogni probabilità gli stessi interrogativi che Brigida
stessa si era posta o si poneva. Il Libro delle Domande è quindi una sorta di
manuale di fede cristiana per persone dalla fede non salda, un testo umanissimo
e molto vicino all'anima di chiunque si interroghi seriamente e sinceramente sui
grandi problemi della vita, sulla fede e sul nostro destino ultimo.
Sappiamo che, giunta a Vadstena, Brigida fu destata dai suoi servitori; lei se ne dispiacque, perché avrebbe preferito restare nella dimensione spirituale nella quale si era trovata immersa. Tutto però era rimasto perfettamente impresso nella sua mente, per cui poté trascriverlo in pochissimo tempo. Nel monaco che si arrampica sulla scala molti hanno visto un simbolo dell'orgoglio intellettuale al quale comunque Gesù, con estrema comprensione e generosità, offre tutte le risposte.
Ecco come viene introdotta la trattazione:
Capitò una volta che Brigida andava a cavallo a Vadstena essendo accompagnata
da parecchi dei suoi amici, che erano anch'essi a cavallo. E mentre cavalcava
elevò lo spirito a Dio e subitamente fu rapita e come alienata dai sensi in
maniera singolare, sospesa nella contemplazione. Vide allora come una scala
fissata a terra, la cui sommità toccava il cielo; e nell'alto del cielo vedeva
Nostro Signor Gesù Cristo seduto su un trono solenne e ammirevole, come un
giudice giudicante; ai suoi piedi era seduta la Vergine Maria e intorno al
trono vi era una innumerevole compagnia di angeli e una grande assemblea di
santi.
A metà della scala vedeva un religioso che conosceva e che viveva ancora,
conoscitore della teologia, fine e ingannatore, pieno di diabolica malizia, che
dall'espressione del volto e dai modi mostrava di essere impaziente, più
diavolo che religioso. Ella vedeva i pensieri e i sentimenti interiori del cuore
di quel religioso e come si esprimeva nei confronti di Gesù Cristo... E vedeva
e udiva come Gesù Cristo giudice rispondeva dolcemente e onestamente a queste
domande con brevità e saggezza e come ogni tanto Nostra Signora dicesse
qualche parola a Brigida.
Ma quando la santa ebbe concepito nello spirito il contenuto di questo libro,
avvenne che arrivò al castello. 1 suoi amici fermarono il cavallo e cercarono
di destarla dal suo rapimento ed ella fu dispiaciuta di essere stata privata di
così grandi divine dolcezze.
Questo libro delle domande rimase impresso nel suo cuore e nella sua memoria
come se fosse stato scolpito nel marmo. Ella lo scrisse subito nella sua lingua
volgare, che il suo confessore tradusse in seguito in latino, così come aveva
tradotto gli altri libri...
li Libro delle Domande contiene sedici interrogazioni, ognuna delle quali è
suddivisa in quattro, cinque o sei domande, a ognuna delle quali Gesù risponde
dettagliatamente.
Per dare subito un'idea precisa della struttura e del contenuto del libro,
riportiamo per intero la prima interrogazione che contiene cinque domande
legate alla nostra fisicità.
Prima interrogazione
1. O giudice, io ti interrogo. Tu mi hai donato la bocca: non debbo forse
parlare di cose piacevoli?
2. Tu mi hai donato gli occhi: non devo vedere gli oggetti che mi dilettano?
3. Tu mi hai donato le orecchie: perché non dovrei ascoltare i suoni e le
armonie che mi piacciono?
4. Tu mi hai donato le mani: perché non dovrei farne
ciò che mi piace?
5. Tu mi hai donato i piedi: perché non dovrei andare dove mi conducono i miei
desideri?
Risposte di Gesù Cristo
1. Il giudice, seduto su un trono sublime, con gesti molto dolci e molto onesti
rispose: Amico mio, ti ho dato la bocca per parlare ragionevolmente delle cose
utili all'anima e al corpo, e delle cose che sono in mio onore.
2. Ti ho dato gli occhi affinché tu veda il male e lo eviti e affinché tu veda
il bene e ad esso ti ispiri.
3. Ti ho dato le orecchie per ascoltare la verità e per udire ciò che è onesto.
4. Ti ho dato le mani affinché con esse tu faccia ciò che è necessario al corpo
e che non nuoce all'anima.
5. Ti ho dati i piedi perché tu ti allontani dall'amore del mondo e ti avvicini
al riposo eterno, all'amore della tua anima e a me, tuo Creatore.
Ma il monaco va ancora più a fondo, insistendo sugli stessi temi:
O giudice, ti domando perché mi hai dato i sensi corporali se non dobbiamo
vivere in base ad essi. Perché ci hai donato la carne e altri sostentamenti
corporali se non vuoi che li utilizziamo vivendo secondo gli appetiti
disordinati del corpo? Perché ci hai dato il libero arbitrio se non possiamo
seguire la nostra volontà?
E la risposta è questa:
Amico mio, ho donato all'uomo i sensi e l'intelligenza per seguire le vie della
vita e per fuggire le vie della morte.
Ho donato le carni e gli alimenti necessari al sostentamento corporale perché
vengano usate con moderazione e l'anima acquisti maggiore virtù, senza essere
indebolita e oppressa dalla quantità eccessiva.
Ho donato all'uomo il libero arbitrio perché rinunci alla propria volontà per
amor mio, che sono il suo Dio, accrescendo così i propri meriti.
Sempre collocato a metà della scala, il monaco rivolge al Signore altre domande
che si riferiscono ancora alla condizione umana:
O giudice, perché devo ricercare la sapienza divina visto che possiedo la
sapienza del mondo? Perché devo piangere, avendo in me in abbondanza la gloria e
la gioia del mondo? Dimmi perché e come devo rallegrarmi nelle afflizioni
corporali. Perché devo aver paura, possedendo forze molto grandi? Perché dovrei
ubbidire agli altri se dispongo della mia volontà? Ed ecco le risposte:
Amico mio, colui che è giudice agli occhi del mondo è cieco e folle davanti a
me. Pertanto, per acquisire la mia divina saggezza, è necessario ricercarla
diligentemente e umilmente.
Chi possiede gli onori del mondo e la sua gioia è spesso agitato da cure diverse
e immerso in amarezze che conducono all'inferno. Pertanto, per evitare che si
allontani dalla vista del cielo e che venga fuorviato, è necessario che preghi
e che pianga.
È assai utile rallegrarsi nell'afflizione e nell'infermità della carne, poiché
la mia divina misericordia è vicina a chi patisce le sofferenze che rendono più
breve la via che conduce alla vita eterna.
Tutti coloro che sono forti, lo sono grazie alla mia forza, poiché io sono più
forte di loro. Devono quindi temere sempre che le loro forze siano loro
sottratte.
Chi dispone del libero arbitrio deve temere e comprendere che non vi è nulla
che conduca più facilmente alla dannazione eterna che la propria volontà priva
di una guida. Chi rinuncia alla propria volontà e la pone nelle mani mie, che
sono il suo Dio, avrà il cielo senza pena alcuna.
E poi questa umanissima domanda: Perché permetti che il corpo soffra? La
risposta è questa:
L'infermità affligge il corpo affinché l'uomo stia bene attento a conservare
dentro di sé, attraverso la sofferenza e il controllo della carne, la
moderazione spirituale e la pazienza, che è sovente messa in pericolo a causa
del vizio dell'incontinenza e l'attaccamento alle cose superflue.
Il male, la sofferenza, la morte sono temi che ricorrono ampiamente nelle
domande del monaco, e del resto si tratta dei misteri più grandi e sentiti
dell'esistenza umana. All'interrogazione successiva troviamo infatti queste
precise domande:
Perché la peste, la carestia e altri affanni affliggono il corpo? Perché la
morte arriva quando meno ci si pensa, così che raramente la si può prevedere?
E la risposta, paziente e condiscendente, del giudice non tarda ad arrivare:
È scritto nella legge che chi ruberà dovrà restituire più di quanto abbia
rubato.
Fintanto che gli uomini ingrati ricevono i miei doni e ne abusano, non mi rendono affatto l'onore che
mi è dovuto. E per questo che io permetto le pene del corpo, affinché l'anima
sia salva nell'altro mondo. Talora io punisco l'uomo nelle cose che più ama,
affinché colui che non mi ha voluto riconoscere nella gioia mi riconosca nella
tristezza.
Mi chiedi anche perché la morte è improvvisa. Se l'uomo conoscesse il giorno
della sua morte, mi servirebbe per paura e cadrebbe nella disperazione. Che
l'uomo dunque mi serva per spirito d'amore, abbia sempre cura di sé e sia sicuro
di me; è per questo che l'ora della morte è incerta, e ciò è giusto in quanto
avendo l'uomo abbandonato il vero e il certo, era necessario e giusto che fosse
afflitto da ciò che era incerto.
Il monaco ha ancora molte cose da chiedere al Signore, per esempio queste:
Perché non mostri la tua gloria agli uomini in questo mondo, affinché mentre
vivono ti desiderino con maggior fervore? Perché gli angeli e i santi, che sono
più nobili e più sublimi delle creature mortali, non sono visti dagli uomini in
questa vita? Essendo le pene dell'inferno orribili e incomparabili, perché non
le mostri agli uomini in questa vita, così che possano evitarle?
Ed ecco la risposta:
La mia gloria è ineffabile e incomparabile in soavità e bontà. Se dunque la mia
gloria fosse vista così com'è, i corpi dell'uomo corruttibile si
disintegrerebbero, così come lo furono i sensi di coloro che videro la mia
gloria sulla montagna. Il loro corpo si distruggerebbe anche a causa della
troppo grande gioia dell'anima e non potrebbe più fare gli esercizi corporali.
Quindi, poiché l'ingresso del cielo non è aperto senza le opere dell'amore, la
mia gloria è loro nascosta per qualche tempo affinché, per il desiderio e la
fede, possano in seguito vederla più abbondantemente e più felicemente che mai.
Perché non si vedono i santi nel luogo dove si trovano? Se i miei santi fossero
visti e parlassero chiaramente, riceverebbero l'onore dovuto; ma la fede
perderebbe il suo merito e la debolezza della carne non potrebbe sopportare il
loro splendore. Del resto la mia giustizia non vuole che una sì gran luce sia
vista da una così grande fragilità.
Tu chiedi ancora perché le pene dell'inferno non sono viste. Se le pene
dell'inferno fossero viste così come sono, l'uomo si spaventerebbe e cercherebbe
il cielo, non per spirito d'amore ma per timore. E poiché nessuno deve
desiderare le gioie celesti per paura delle pene, ma per la divina carità, io
nascondo le pene dei dannati. Come i buoni e i santi non possono gustare questa
gioia ineffabile prima della separazione dell'anima dal corpo, così i malvagi
non possono gustare le pene terribili prima della morte; ma essendo la loro
anima separata dal corpo, essi sperimentano le sofferenze attraverso i
sentimenti che non hanno voluto capire nel loro spirito quando avrebbero potuto
farlo per mia grazia.
II monaco, sempre stando sulla sua scala, affronta poi questioni squisitamente
spirituali relative alla Vergine e agli angeli, ponendosi il doloroso
interrogativo suscitato dal raffronto tra la condizione angelica e quella
umana:
O giudice, perché sei così ineguale nei tuoi doni e nelle tue grazie e hai
prediletto e preferito la santa Vergine Maria su tutte le creature e l'hai
esaltata al di sopra degli angeli? Perché hai donato agli angeli lo spirito
senza la carne e li hai destinati alle gioie celesti? E perché hai donato
all'uomo un vaso di terra e uno spirito e l'hai obbligato a vivere con fatica e
pena e a morire con dolore?
La risposta del Signore è di grande solennità: Amico mio, io nella mia divinità
conosco fin da tutta l'eternità tutte le cose future; quelle avvenute come
quelle che devono avvenire, perché come la caduta dell'uomo è stata da me
prevista, così la mia giustizia l'ha permessa; essa però non è stata
predisposta da Dio, e neppure la divina prescienza poteva impedirla; allo
stesso modo la mia misericordia ha previsto da tutta l'eternità la necessità
della liberazione dell'uomo.
Tu domandi perché ho privilegiato al di sopra di tutte le altre la Madre di Dio
e perché l'ho amata al di sopra e al di là di tutte le creature; ciò è avvenuto
perché in lei è stato trovato un segno vero di virtù; infatti come il fuoco si
accende rapidamente quando il legno è ben disposto, allo stesso modo il fuoco
del mio amore si accese più ardentemente in mia Madre, essendo ella meglio
disposta; perché quando l'amore divino, che è di per sé immutabile ed eterno,
cominciò ad apparire e a bruciare allorché la mia divinità si incarnò, così non
esisteva creatura più adatta e più capace di ricevere le fiamme del mio amore
della Santa Vergine, poiché nessuna aveva tanta carità quanta ne aveva lei; e
sebbene il suo amore si fosse manifestato alla fine dei tempi, non di meno ella
era stata conosciuta da tutta l'eternità prima dell'inizio dei tempi, e di
conseguenza predefinita da tutta l'eternità nella divinità; infatti come
nessuno le è stato uguale nell'amore, così ella non ha avuto eguali in grazia e
benedizione.
Poi un'altra domanda rivolta direttamente a Gesù: Essendo stato concepito ed
essendo nato senza peccato, perché hai voluto essere battezzato?
Risponde il Signore:
È necessario che colui che vuole aprire una nuova strada la inizi personalmente.
In altri tempi era stata donata al popolo una via carnale, la circoncisione, in
segno di obbedienza e purificazione, che sortiva l'effetto di grazia futura e
di promessa ai fedeli che rispettavano la legge, prima che venisse la verità
promessa, cioè Gesù Cristo. Ma essendo arrivata la verità e non essendo la
legge che un'ombra, era stato stabilito da tutta l'eternità che la via antica
si sarebbe ritirata, perché priva di effetto. Affinché dunque la verità
apparisse, l'ombra si ritirasse e si manifestasse la via più facile per arrivare
al cielo, io che sono Dio e uomo per umiltà ho voluto essere battezzato per
dare l'esempio a molti e per aprire il cielo ai credenti e ai fedeli; e per
dimostrarlo, dopo che fui battezzato, il cielo si aprì, fu udita la voce del
Padre, lo Spirito Santo apparve in forma di colomba. Io, figlio di Dio, ho
dimostrato di essere vero Dio e uomo, affinché si sappia e si creda che il Padre
eterno apre i cieli ai battezzati e ai fedeli. Lo Spirito Santo è con colui che battezza...
Io, che sono la verità, ho dissipato le ombre. La scorza della
legge fu spezzata, apparve il nocciolo, la circoncisione fu sospesa e il
battesimo fu confermato in me, affinché il cielo fosse aperto ai grandi e ai
piccoli e i figli dell'ira divenissero figli della grazia e della vita eterna.
Il monaco insiste e pone la domanda che da duemila anni l'uomo si pone:
O giudice, te lo domando, poiché tu sei Dio ed uomo, perché non hai manifestato
la tua divinità così come hai manifestato la tua umanità, affinché tutti
credessero in te?
E il giudice risponde:
O amico mio, ti rispondo affinché la malizia del tuo pensiero sia conosciuta ad
altri... Poiché Dio non permette niente senza un motivo, ti rispondo non alla
maniera umana, dato che noi trattiamo di cose spirituali; ma con similitudini,
affinché la mia risposta sia compresa.
Tu domandi dunque perché non ho mostrato la mia divinità allo stesso modo in cui
ho manifestato la mia umanità. lo rispondo: la mia divinità è spirituale e la
mia umanità è corporale. Tuttavia la divinità e l'umanità sono inseparabili, la
mia divinità è increata e tutto ciò che è in essa è bontà e perfezione. Se
dunque una bontà e una perfezione tanto grandi si fossero manifestate
all'occhio imperfetto dell'uomo, chi avrebbe potuto sostenerle, dato che
l'occhio umano non riesce a sopportare neppure la vista del sole materiale?...
È per due ragioni che la mia divinità non si è manifestata più chiaramente:
1° per l'imperfezione umana, che non era in grado di sopportarla, poiché gli occhi
umani sono di sostanza terrena: se l'occhio corporale vedesse la divinità, si
scioglierebbe come cera davanti al fuoco; se l'anima avesse in sorte di vedere
la divinità, il corpo si fonderebbe e si annienterebbe come cenere.
2° non si è manifestata inoltre a ragione della mia divina bontà e della sua costante
stabilità; infatti se io mostrassi agli occhi mortali la mia divinità, che è
incomparabilmente più risplendente del sole e del fuoco, io andrei contro
quanto io stesso dissi: L'uomo non mi vedrà affatto e vivrà. Nemmeno i profeti
mi videro, loro che videro la montagna fumante e dissero: Che Mosè ci parli, e
noi l'ascolteremo. Per questo io, che sono misericordia, affinché l'uomo mi
capisse meglio e non si spaventasse, mi sono mostrato a lui in una forma che
potesse essere vista e udita, ovvero nella mia umanità, che contiene - come
velata - la mia divinità.
Io, che sono Dio e non sono corporale, ho voluto
poter essere udito e visto dagli uomini nella mia umanità.
Non ancora stanco, il monaco chiede ancora: Perché hai preferito nascere da una
Vergine piuttosto che da un'altra donna che non lo era?
Ed ecco la risposta:
Poiché a me, Dio purissimo, meglio si convengono le cose pure... La verginità è
una via molto bella che conduce al cielo e il matrimonio è soltanto una via; di
conseguenza era ragionevole che io, Dio purissimo, riposassi nel seno di una
Vergine purissima, così come il primo uomo era stato tratto dalla terra, che in
qualche maniera era vergine, non essendo stata ancora inquinata dal sangue ...
Infine una domanda dolorosamente umana: Perché molto spesso i malvagi prosperano
più dei buoni?
E il Signore risponde:
Ciò è indizio della mia grande pazienza e del mio amore, perché se io donassi i
beni temporali soltanto ai miei amici, i malvagi si dispererebbero e i buoni
si inorgoglirebbero. Io invece dono ad ognuno i beni temporali affinché io, il
loro Dio, autore e creatore di ogni cosa, sia da tutti amato e affinché quando
i buoni diventano superbi siano indotti dai malvagi ad essere giusti. Tutti
sanno anche che le cose corporali non devono essere preferite a me, ma devono
soltanto essere usate affinché l'uomo capisca che meno stabilità trova nelle
cose temporali più deve essere saldo nel servirmi.
Brigida fa parte di quel novero di sante medievali che furono assai attive nella
Chiesa, pur operando in un tempo poco propizio al sesso femminile. È esemplare
in questo senso quanto scrisse al riguardo san Tommaso, che tanto influsso ebbe
sulla concezione dei rapporti tra i sessi e il ruolo della donna. Egli riteneva
che la donna fosse «ausiliaria all'opera dell'uomo nella procreazione», e che
«in ogni altra opera» egli trovasse «un migliore aiuto in un altro uomo che
nella donna».
Tra queste donne coraggiose che seppero farsi valere in un mondo di uomini sono
da ricordare, oltre a Brigida di Svezia, Ildegarda di Bingen (1098-1179),
Caterina da Siena (1347-1380), Giovanna d'Arco (1412-1431) e la beata Coletta di
Corbie (13811447), che fu riformatrice di conventi maschili e femminili.
Per capire santa Brigida, la sua vita e la sua opera è necessario far
riferimento all'atmosfera sociale, religiosa e culturale del XIV secolo. Per
diritti di nascita e in seguito anche per la sua fama di santità, Brigida
frequentò sempre le più alte sfere del mondo politico ed ecclesiastico del
tempo. Inoltre i suoi grandi pellegrinaggi la portarono a percorrere gran parte
dell'Europa e a prendere atto con chiarezza delle ostilità e delle discordie
che dividevano i popoli. Soprattutto avvertiva la crisi del papato che si era
allontanato da Roma.
Dinamica, portata all'azione, tesa a fare del bene a tutti, Brigida aveva un
forte istinto sociale. Quando fu libera da impegni familiari, decise di prendere
dimora a Roma, per operare a favore del ritorno del papa e del rinnovamento
della Chiesa. Questa donna del Nord, della più lontana periferia del mondo
cristiano di allora, seppe farsi carico della responsabilità della Chiesa di
Roma, centro della cristianità, che era rimasta priva del suo pastore.
Al ritorno del pontefice a Roma e al rinnovamento della Chiesa Brigida legava
in maniera indissolubile il grande discorso della pace di tutta la cristianità,
e per questa operò incessantemente finché ebbe vita. In questo senso la sua
missione è di portata veramente europea. La Chiesa che deve essere rinnovata ha
il suo simbolo proprio in lei, chiamata alla santità di vita. La stessa
fondazione di un ordine formato da uomini e donne simboleggia una nuova vigna
che deve essere piantata in un momento in cui la vita religiosa è assai
decaduta anche fra i religiosi.
Ma Brigida non si limita a sollecitare il rinnovamento della vita sacerdotale e
monastica: tutti devono cooperare a questo compito, tutti i cristiani devono
essere «amici di Dio» e disposti a lavorare per il rinnovamento della Chiesa:
oggi parleremmo di apostolato dei laici. Per loro questa esortazione:
Voi amici miei, che siete nel mondo, andate sicuri a proclamate la mia volontà e
gridate affinché tutti aderiscano. Io sarò nel vostro cuore e sulla vostra
bocca. Non vi abbandonerò, andate con coraggio perché con la fatica si accresce
la gloria. Potrei fare infatti tutto d'un tratto e con una sola parola, ma
voglio che dalla lotta cresca la vostra ricompensa, e per il vostro coraggio la
gloria mia.